Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 1 novembre 2013

Secundus Decanus Scorpionis





Nel bellissimo testo di Nitobe che Jünger pone a esergo del suo scritto sul dolore, la madre giapponese sgrida così il figlioletto che piange quando si ammacca o ferisce durante un gioco: “Che mammoletta! Piangere per un dolore da niente! Che farai quando ti mozzeranno un braccio in battaglia? E quando dovrai fare harakiri?”. Oggi dovremmo dire a nostro figlio, per instillargli dello spirito marziale in diluizione omeopatica: “Hai paura del buio? Ti arrampichi sul lettone per un incubo? Ah! E che farai quando dovrai lavorare otto ore al giorno in un call-center? O ti toccherà fare mezza giornata di fila all’INPS?”. Mai sdrammatizzare, con un bambino – a cominciare dal bambino che è in ciascuno, che ciascuno è: sempre drammatizzare, con quella grave giocosità che oggi non riusciamo più a imbroccare nemmeno negli sport. Tanto, per quanto ci sembri di esagerare, saremo sempre più corti di qualunque realtà umana, disumana o transumana.

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