Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 12 novembre 2013

Una considerazione sulla storia dell’idea di omosessualità




Seguendo in parte la ricostruzione di Ivan Illich e di Michel Foucault, si può osservare come nei primi secoli del Medio Evo la sodomia, ovvero la penetrazione anale – soprattutto quando avveniva tra due maschi – fosse considerata una manifestazione abominevole del peccato di lussuria e un atto infame. Tuttavia è soltanto intorno ai secoli XII-XIII, con la nascita del progetto di una organizzazione ecclesiastica capillare, la riscoperta di Aristotele e del diritto romano e la formulazione scolastica dell’idea di legge di natura, che la sodomia diventa buggery, da bougres, bulgari, ovvero bogomili, seguaci del dualismo cataro: l’atto sodomita ora è al contempo un atto contra naturam – che è pur sempre la volontà di un Dio creatore, ma può essere confusa con una tendenza impersonale, con le ‘cose così come sono’ – e un rituale di iniziazione ereticale, ossessione destinata a ricomparire puntuale nel processo che distruggerà i Templari, almeno sul piano visibile. Qui è preziosa l’intuizione di Massignon: il nome e l’idea di sodomia sono legati alla Pentapoli del Mar Morto come esempio di ordinamento socio-politico iafetita, quale poi risplenderà nelle poleis elleniche; una città, una convivenza che nasce sia dall’accampamento militare, con le sue pratiche omoerotiche che persistono nei costumi dell’aristocrazia, sia dalle corporazioni di mestiere, vere e proprie confraternite cementate da un cameratismo maschile che entra in fecondo conflitto con le tradizioni femminili (limitate dal ‘diritto paterno’ al temenos del santuario domestico). Solo nel XIX secolo affiora l’idea che un individuo possa avere una inclinazione ‘omosessuale’ o ‘eterosessuale’ durevole o addirittura permanente prima e al di là degli atti in cui essa si esprime, che erano gli unici ad essere condannati dalla legge antica (anche precristiana).
Forse l’omosessuale integrale, nella nostra epoca priva di riti e di confraternite, di delimitazioni che contengano e plasmino la forza coattiva e creatrice dell’eros, è davvero chiamato, come il bugger della fantasia inquisitoria medievale, ad una iniziazione diversa da quella comune della polis: ed è dunque comprensibile che cerchi con ansia la ‘normalità’ promessa dalle nozze, che in realtà non sono più normali e ordinarie di un voto cavalleresco e di una consacrazione religiosa. Se però tutto è sentimentalmente eguale e indifferente, il fermento dionisiaco che l’omosessuale porta in sé e con sé non è più lysios nel senso di dissolvitore-liberatore, ma solo nel senso di disgregatore – e disgregatore che contribuisce a una disgregazione già prossima al suo compimento: le nozze tra un uomo e una donna e il compagnonnage omoerotico sono ormai entrambi gusci vuoti, le prime perché identificate con la banalità di una ‘natura’ senza volto e senza vita, il secondo perché normalizzato e standardizzato, privato delle sue ali e della sua follia. Così vediamo che uno spot dell’Ikea con due omosessuali pacifici e allegri o con un trentenne e una trentenne disorientati ed euforici funziona esattamente allo stesso modo: prima di tutto viene il supermercato, il resto è un’opzione insignificante tra i vari prodotti in fila sugli scaffali.

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