Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 25 gennaio 2014

Anarchia unica via




Il grande vizio d'origine dell'anarchismo in quanto tale è nella sua matrice ottocentesca, lo spirito di sistema, che nella forma del socialismo 'scientifico', ad esempio, ha denigrato come 'utopistiche' o 'rozze' forme di pensiero e di prassi alternative, condannandole all'eterodossia. L'idea anarchica è la semplicità stessa: l'unica formulazione adeguata sembra essere l'enigma sapienziale taoista, che dice senza definire; così pure la sua applicazione sembra essere l'esoterismo, nella sua forma non sacerdotale e settaria, ma in quella della sana scepsi popolare e universale, che cristianamente potremmo chiamare coscienza e consapevolezza del peccato originale, ovvero dell'ostacolo alla semplicità anarchica stessa. Dare invece una formulazione sistematica, quale essa sia, alla semplicità, è un paradosso che la snatura: e la snatura perché la semplicità è la natura stessa, che deve restare spontanea, umile, terra terra – e in qualche modo sempre occulta, o tendente all'occultamento, secondo la parola eraclitea. Ciò che si può e deve enunciare e tentare è la lotta a quanto la impedisce: ma questa lotta potrà e dovrà utilizzare con saggezza, e dunque con doppiezza, gli strumenti della caduta, la spada, il tribunale, le istituzioni coercitive. Anarchico sarà (e utilizzo l'aggettivo piuttosto che il sostantivo ideologico per alludere al fatto che, come ogni forza naturale, si coglie nei suoi effetti, nel suo manifestarsi ed operare, non nella sua essenza) cercare di rendere ogni istituzione, ogni mezzo di lotta e di costrizione quanto più possibile trasparente alla sua origine e al suo fine, limitarne l'opacità: ridurre quindi, attraverso l'opposto complementare della noncuranza naturale, ovvero la vigilanza permanente, l'inclinazione 'diabolica' del potere a costituirsi come qualcosa di separato, come un centro di prestigio, di violenza e di sedizione antipopolare. Anarchica sarà dunque la protesta inestinguibile e costante contro il potere separato, ovvero contro l'effetto più grave del peccato originale, il peccato d'orgoglio. Il che non implica necessariamente una rinuncia alla costruzione di forme istituzionali più armoniche con l'idea naturale, con il tao politico, una volta però che sia sia plasmata una comunità in grado di darsele. L'atto che crea le istituzioni è paragonabile alla tessitura di una veste, quello che plasma una comunità è paragonabile alla generazione fisica, alla generazione di un corpo: trattandosi di un corpo sociale, è qualcosa di culturale, ovvero è la declinazione della natura anarchica in una forma storica, il suo radicamento in un gruppo umano che si percepisce giustamente unitario. Anche la cultura, anche la comunità è dunque una veste, se la si considera in relazione alla natura originaria: ma la comunità è la soglia, l'iconostasi direi, tra i due mondi, l'invisibile e il visibile, è un tessuto vivente e personale, mentre le istituzioni, con la loro impersonalità, il loro fondamento in una giustizia meno flessibile, tendente all'inesorabilità e al rigore-rigidezza, appartengono più decisamente al visibile, sono strumenti che andrebbero sottoposti ad una revisione periodica severa per impedirne, con una morte vivificante, la morte pestifera, velenosa, la corruzione che non rinnova ma produce solo maggiore entropia.
Insomma, l'idea anarchica fallisce quando "sta in sé", quando commette la stessa colpa del potere, uscendo dal tessuto vivente e comune per farsi realtà separata, ideologia. L'idea anarchica feconda una convivenza umana quando resta in basso e plasma una comunità, lasciando che sia poi la comunità viva a darsi istituzioni il più possibile libere, egualitarie e fraterne.