Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 22 febbraio 2011

Veglia di Natale 2004


Non eripit mortalia
regna qui dat coelestia.
Inno Hostis Herodes impie

Mi bracca un infante
per tutte le contrade del cuore
lungo i sogni del giorno e le sue opere
m’insegue uno
che è piccolo e immoto
una piccola carne offerta
servita in un cestino
da pranzo di nomadi
da uno stazzo di nomadi
sopra una terra nomade
misurata da un cielo che fugge
in cerchio disegnando meraviglie

L’essere mi sospinge all’essere –
mi trova e mi sollecita la nostalgia
dello yehì or che qui fra le pietre
della Giudea prendiamo per l’ordine
di uno che è grande
e trabocca di vita come un tino, di uno
che ordina qualcosa a se stesso,
che dona a qualcos’altro il suo ordine –
ed ecco stanotte il sussurro
aprente, la valva vocale del bereshìth, ecco
stanotte lo yehì or mi trova e mi prende
e mi stana, l’infante
poggiato sul cestino e la pietra mi legge
e rilegge e rivolta, e non c’è lettera
del mio passo, né apice e yod della mia
porzione, del mio breve giorno liturgico, che
resti intera, ogni cosa sospinta
al nulla, ogni essere
sospinto all’essere

Oh la preghiera che l’essere
muove a se stesso per più
essere, per altrimenti, per minutamente
minuziosamente essere,
per essere piccolo e tutto, per
essere dono –
ancora di nuovo noi
faremo e ascolteremo –
e la tua parte è nascere ed ostenderti
in una notte che è preghiera
della luce alla luce



NOTE:

Secondo John D. Derrett, studioso delle fonti ebraiche del Nuovo Testamento, Gesù neonato potrebbe essere stato disteso in una delle ceste di vimini con cui i pastori della Giudea portavano i viveri negli stazzi.

Yehì or sono le prime parole che Elohim pronuncia nella Bibbia: wayyomer Elohim yehì or wa-yehì or (“Elohim disse: Sia luce, e fu luce”).

“Faremo e ascolteremo” è la risposta d’Israele al dono-vincolo della Torah: Kol ashèr-dibbèr YHWH na‛asèh we-nishmà‛ (Es 24,7).

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