Bereshit Rabbah VIII,5:
“Rabbi
Simon disse: Quando il Santo – sia benedetto – venne a creare il Primo Uomo (Adam ha-Rishon), gli angeli ministranti
(mal’ake ha-sharet) si divisero in
gruppi e fazioni. Alcuni di loro dicevano: Non sia creato, altri: Sia creato,
così com’è scritto: Grazia (Chesed) e Verità (Emet) si scontrarono, Beneficenza (Tzedeq) e Pienezza (Shalom) si
armarono l’una contro l’altra (Sal
85,11). Grazia diceva: Sia creato, perché compirà opere di grazia; mentre
Verità diceva: Non sia creato, perché non sarà altro che un cumulo di menzogne.
Beneficenza diceva: Sia creato, perché farà opere di beneficenza; Pienezza
diceva: Non sia creato, perché non sarà altro che scissione. Che fece il Santo
– sia benedetto –? Prese la Verità e la gettò a terra, così com’è scritto: E gettò la verità a terra (Dn 8,12).
Dissero gli angeli ministranti al cospetto del Santo – sia benedetto –: Signore
dei mondi! Perché disprezzi il tuo sigillo [o: il tuo mastro cerimoniere]? Che
la Verità risorga dalla terra, così com’è scritto: La Verità germoglierà dalla terra (Sal 85,12).
I
nostri maestri dicono quanto segue a nome di R. Chanina, mentre R. Pinchas e R.
Chilqiya lo dicono a nome di R. Simon: Me’od
[lett.: “molto”] è lo stesso che Adam
[Uomo], così com’è scritto: E Dio vide
tutto quel che aveva fatto, ed ecco, era molto [me’od] buono, ovvero: ed ecco, l’Uomo [Adam]
era buono.
R.
Chuna il Vecchio di Sepphoris disse: Mentre gli angeli ministranti discutevano
e disputavano gli uni con gli altri, il Santo – sia benedetto – lo creò. Disse
loro: Che cosa discutete? Ormai l’Uomo è fatto!”
Il
midrash medita immaginativamente la
creazione di Adamo, dell’Universo, Micro-Macrocosmo.
Dio
consulta gli angeli, ovvero i suoi Nomi, essenze non-esistenti, relazioni
immanenti al suo pensiero. Il loro confronto è quello dei possibili in Leibniz:
tutti i possibili presenti nell’intelletto divino tendono all’esistenza, ma
solo quelli compossibili possono ricevere da Dio, con un atto della sua saggia
volontà, la luce dell’esistenza, del wujud.
Contrasto
tra gli angeli: Ibn Arabi osserva che gli angeli, forme separate, esseri
puramente intellettuali, temono la rivolta nell’uomo e la mettono in atto per
primi; la proiettano su di lui, o meglio, essendo gli angeli le facoltà, le
potenze sottili del Macranthropos, la loro rivolta si rispecchia in quella
dell’Adamo. La citazione del Salmo appare stravolta: i Nomi secondo la lettera
si incontrano e si baciano (nell’alfa e nell’omega, nell’archè e
nell’eschaton), secondo il derash si
scontrano e si armano gli uni contro gli altri (sulla soglia del tempo, della
creazione).
Verità
(Emet) e Pace-pienezza (Shalom) contro Misericordia-Grazia (Chesed) e
Beneficenza (Tzedeq). Verità, come Iblis, preferisce che il mondo non sia: è la
fedeltà all’Uno Immanifesto, il Sigillo di Dio nella Sua indipendenza dai
mondi; è il Giudizio che distrugge preliminarmente, essenzialmente, ogni contingenza,
la Necessità – ma l’esistenza del mondo, del kawn, è contingenza, è necessità condizionata, necessità in alio, non-essere illuminato
dall’Essere divino. L’essere del mondo è l’assurdo sentito da Sartre con
nausea. Se Emet è l’inesistenza, l’immanifesto principiale, Shalom è la Pienezza
finale, di fronte alla quale il mondo è in
ritardo, è ritardo (Mulla Sadra).
Iblis
non si prostra al cospetto dell’Uomo perché non congiunge Unità e Molteplicità,
non concepisce l’amore, il Soffio di Misericordia: Allah gli ricorda che l’Uomo
è stato creato dalle due mani di Dio, da Giudizio e Misericordia, Unità e
Molteplicità, è il ponte tra l’eterno e l’effimero, conosce e dà i nomi alle
cose in quanto khalifa di Dio,
mediatore. Iblis nega la mediazione. (Conoscere e dare i nomi è foggiare le
essenze, creare il mondo con il logos
e il linguaggio, il verum est factum:
segno di debolezza, di vicinanza a Maya e alla materia rispetto alla pura
intuizione angelica, ma anche di vicinanza al punto di inizio dell’epistrofè, poiché nella mente umana le
cose ritornano a Dio, vengono trasmutate).
Associazione
Adam-me’od (tov me’od, “molto buono”, detto solo dopo la creazione dell’uomo):
in un altro passo me’od è accostato
allo yetzer ha-raʻ, alla libertà. Una
volta creato l’impulso al male, l’immaginazione del male, l’attaccamento
mondano come fermento che solidifica l’ego, la lode dell’essere diventa ad un
tempo più difficile e più alta: il “molto buono” non è il kalà lian che indignava Schopenhauer, ma un grido dionisiaco (che
avrebbe scandalizzato
Schopenhauer).
Dio
getta Emet sulla terra: in altri midrashim
allontana dagli angeli – e da sé – la visione del male, degli uomini malvagi
che corrompono l’essere creato. Una sorta di brusca confutazione, di brutale argumentum ad hominem, ma anche una Unterdrückung intradivina,
un’automutilazione della coscienza divina. La caduta di Emet anticipa quella
dell’Uomo: è una umiliazione che
rende possibile lo tzimtzum. Ora gli
angeli chiedono unanimi che Emet venga fatta risorgere dalla terra, speranza
messianica – ed è appunto questa l’opera dell’Uomo. [Citazione di Daniele:
visione apocalittica del Tempio profanato dal capro, che sostituisce la
trasgressione al sacrificio quotidiano e getta a terra Emet, la fedeltà-verità;
questo atto avrebbe il suo esemplare e archetipo nella creazione dell’uomo,
simile quindi a una profanazione, a una distruzione del Temenos
preesistenziale. Citazione del Salmo: la verità risorgerà, risalirà, ritornerà
– verbo ʻalah – dalla terra,
dall’umiliazione-umiltà, dal punto più basso, de profundis].
Mentre
gli angeli continuano a dibattere, Dio crea Adamo. Non essere vince ogni logos, dice lo stasimo sofocelo – e
pensa Emet: la creazione è un moto di volontà-amore, è Maya come libertà divina
e illusione, pone un ostacolo, determina una contrazione affinché vi sia
manifestazione, affinché l’intimità e la profondità essenziali si comunichino,
si sacrifichino ‘in vista’ dell’Unità finalmente realizzata, perfetta, in pieno
possesso delle proprie articolazioni e complessità e della propria semplicità
sovraessenziale.
Il
polemos del mondo-Adamo ha la sua
radice nel conflitto tra i possibili-idee-dei-angeli: l’Essenza si determina
nell’unimolteplicità dei Nomi, del Nous, creazione primordiale, in cui domina
la pace, l’assenza di phthonos, solo
nella sospensione della contemplazione principiale; nel rapporto con la
creazione degli individui reali, ovvero nel desiderio di manifestazione dei
Nomi-Attributi, si scopre che omnis
determinatio est negatio, ciascuna delle idee divine riceve l’essere in
un’interdipendenza che è conoscenza-ignoranza, velo-rivelazione, bisogno
reciproco e lotta per l’affermazione.
La
Verità, la Necessità è il sigillo di Dio: in sé sterile, contraria alla
creazione, si imprime come un timbro su ogni creatura, su ogni contingenza,
riconducendola al proprio nulla e al Nulla divino. La sua opposizione
archetipica alla creazione la rende sigillo della de-creazione, la sua fedeltà
alla preeternità (come Shalom, Pienezza, è fedele alla posteternità,
all’Eschaton) la rende vincolo del finito e limite intrinseco alla sua
finitezza.
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