L’oikonomos,
l’amministratore delle parabole evangeliche è l’io in quanto mediatore, angelo
in potenza.
Anche il re, la potestas simboleggia l’io, mentre lo spirito si riflette nell’auctoritas sacerdotale. Malkuth è la
Donna, che conferisce l’imperium: l’uomo
lo estende, lo difende, lo gestisce, ha la centralità e la fragilità dell’io.
Una personalità con un io debole è una polis anarchica, in preda alla guerra
civile, in cui gli archetipi celesti proiettano immagini disordinate che si
aggirano fra le strade e nelle stanze.
L’io ermetico, che connette con lucidità
crepuscolare i due mondi, è un io morto e rinato, o un morto vivente: servus
currens, e insieme re-servo, re-amministratore, re-pastore, custode, forte
della propria fragilità ritualizzata, un vuoto che si lascia attraversare dalle
correnti psichiche della comunità.
Solo l’iniziazione consolida l’io,
umiliandolo, relativizzandolo, facendone un locativo, un punto di vista (e
l’umiltà è l’arte di rendersi un punto, un nulla, osserva Chesterton). Solo
l’umiltà e la semplicità rendono l’io trasparente e robusto, sano perché
consapevole della complessità, della follia, della contingenza-libertà
dell’essere come teofania.
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