Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 28 aprile 2012

Spazio, tempo, immaginazione



Il mondo come phainomenon, manifestazione, postula il riflesso, il rimbalzo dello specchio, la non-immediatezza. Sul piano della coscienza discriminante o vijñana si dà opposizione polare tra soggetto e oggetto, non-simultaneità nel tempo (ogni conoscenza è costruzione di memorie: il mondo nel suo insieme è in ritardo rispetto al Principio), distanza e dispiegamento del molteplice nello spazio.
Il centro della sfera della manifestazione è il pensiero “io”: la riflessione di Zagreo nello specchio è la volontà come identificazione e pathos, la “localizzazione” primaria – il luogo è la volontà, l’orientamento dell’attenzione.
Se il tempo è immagine in movimento (in successione) dell’aion, del malakūt, dell’anima, della IV dimensione, lo spazio è l’immagine delle relazioni, delle scheseis, degli stati della volontà-attenzione. Per questo è opportuno recuperare una perspectiva centrata sull’anima, una catottrica interiore, immaginale, esoterica.
Forse il tatto di Berkeley, fondamento del segno visuale, è quello dei misteri eleusini, origine del toccare-vedere aristotelico. È il pathos (da cui irradia il mathos) della distinzione-contiguità aurorale tra soggetto e oggetto, tra io e mondo come rispecchiamento reciproco.
La vista è come la veglia e il fuoco: ultimo grado della manifestazione e prima soglia simbolica dell’epistrofè.
L’individualità caduta (io-sono-nel-mondo), la scissione oscillante-angosciata-assetata tra soggetto e oggetto, è il ritardo, il ta’akkhur, il tempo-spazio intermedio tra Dio e Dio, tra Archè e Telos, è il momento tra lo stupore del rispecchiamento e l’assenso del riconoscimento.
Il tempo nasce dall’indecisione originaria, singhiozzo che innesca il ritmo. Lo spazio è smembramento dell’Uomo Cosmico, quindi è dissipazione (dell’attenzione), perispasmòs, nell’Uomo Cosmico.

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