Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 30 gennaio 2012

Da un dialogo


(Un viale alberato nella periferia di una città europea. James Hillman, il grande psicologo e pensatore ebreo-americano, passeggia con Philexinus Izmirli, un oscuro ebreo turco. Hillman è vestito con sprezzatura: camicia bianca, le maniche parzialmente arrotolate sugli avambracci, pantaloni color sabbia, mocassini bruni. Philexinus è palesemente a disagio negli abiti occidentali: i jeans neri sembrano fasciarlo come una divisa da parata levantina, il cappotto grigio, inopportuno nel pomeriggio di tarda estate, gli dà un’aria da detenuto appena rilasciato. Hillman accompagna le sue parole con gesti ampi, chiari, uccelleschi; la gestualità di Philexinus si riduce alle brevi scosse del capo con cui annuisce o dissente, anche se, di quando in quando, si afferra per un istante la punta della barbetta rossa.
La coppia passa davanti a un chiosco ambulante. Hillman prende un panino con dell’arrosto di manzo, Philexinus una bottiglia di birra scura. Nonostante le deliziose proteste di Hillman, Philexinus si affretta a pagare con una banconota sgualcita).

Philexinus: Maneggio del denaro in modo automatico: mi ricordo di vedere il gesto in trasparenza, e colgo il flusso mercuriale dei segni e delle merci, la proiezione del desiderio, oppure, se si tratta di una moneta, scorgo l’idolo solare, tondo, col volto di un eroe o l’emblema di uno Stato; grazie all’immaginazione, al pensiero del cuore, sento e contemplo che in questa permutazione sopravvive l’idea del sacrificio, l’idea che il simbolo è più potente della merce e anzi la valuta e qualifica, e se il mio cuore è quello di un cittadino e non di un suddito, mi si rivela la rete di interdipendenza in cui tutti siamo catturati, l’alienazione magica che ci induce a tradurre le qualità in numeri e sigle, l’ingiustizia che falsa le bilance. Ma una volta applicato questo sguardo psicologico, archetipico, al mio gesto quotidiano e per lo più inconscio, non so ancora che il denaro è un atto storico, un’invenzione che è divenuta una seconda natura, qualcosa che andrebbe ripensato e rifatto. Certo, se sono arrivato a questa soglia è perché ho meditato, perché ho guardato in trasparenza: ma qui mi attende una decisione, un giudizio, che nel mondo sospeso dell’immaginazione non trovo.
James: Eppure è proprio guardando in trasparenza che il cuore si prepara a ricevere, come uno stampo scavato a puntino, l’idea imperiosa destinata a guidare la sua condotta nel mondo.
Philexinus: Sì, ma la decisione a cui arriva, e che lo precede, è qualcosa di non ulteriormente trasparente: è, in quanto spirito, qualcosa di primo e ultimo. Il sogno dell’anima congiunge la lettera solo letterale dell’atto vissuto confusamente, inconsciamente, alla lettera spirituale che è il muro di cinta di un cosmo, di una cultura, entro il quale il gioco ermeneutico è possibile, e possibile proprio a questa condizione.
James: Se ho capito bene, mi stai accusando di un certo dualismo kantiano...
Philexinus: Ti si addice molto parlare di accuse – se preferisci, sì. Chiamalo kantiano, o colorato di quell’intellettualismo rinascimentale che, ad esempio, vedeva nelle terzine arroventate di Dante una sorta di allegoria esoterica, nitida e intricata come una tela di Botticelli.
James: Come usavano i vecchi maestri del dialogo erotico, i dialettici, ritorco contro di te l’accusa, o la contestazione, se vuoi: sei tu il dualista, se contrapponi il sogno mediatore dell’anima, la sua fluidità potenzialmente illimitata, alla solidità letterale dell’atto concreto e della rivelazione spirituale. Gli antichi vivevano il simbolo in modo unitario: non c’era un non plus ultra erculeo al fare-anima, alla meditazione infinita di anima, né una muraglia esterna che fosse opaca alla sua luce crepuscolare.
 Philexinus: Ma se non c’è un recinto rituale, una tradizione, che ne è del giardino del mito?
 James: Il mito non è solo un giardino: è anche una valle, la valle di cui parla Keats – o i cristiani, e il salmo 23: Se anche camminassi nella valle dell’ombra mortale, la valle del descensus
Philexinus: D’accordo. Anche la valle esiste perché delimitata dai monti.
James: Come sai, io non nego che l’esistenza umana sia un va-e-vieni tra i picchi e le valli, tra gli incontri con l’Eros alato e le lunghe peregrinazioni – tutti quegli anni in cantina a separare i ceci dai piselli, a coprirsi di cenere tra le faccende umilianti, tutti i tormenti imposti da Afrodite a Psiche caduta.
Philexinus: Certo che lo so. Quello che non ho capito è perché sfuggi così maliziosamente al limite dell’epistrofè, allo “sguardo semplice” del nous… Non mi dire: “Perché mi occupo dell’anima, io, sono un psicologo”!
James: (ride fragorosamente) Non è male, come argumentum ad hominem
Philexinus: Eppure la tua psicologia, la tua revisione, sarebbe preziosissima proprio per revisionare la metafisica, il nous – abbiamo un tale bisogno che risorga, ma liberato dalle sue rappresentazioni, dalle false immagini, o idoli, che lo letteralizzano…
James: Non credi che io abbia cercato di mostrare all’anima la soglia su cui questo incontro è di nuovo possibile?
Philexinus: Io sì, e con me altri. Ma temo anche che il tuo carattere marziale…
James: (ride di gusto)
Philexinus: Aprile, il mese scelto dal tuo daimon, viene da aprire, fendere, spaccare il suolo. A volte penso che tu abbia diffuso le tue idee assumendoti il rischio di una loro ricezione mutilata, dualistica appunto, addirittura di un loro comico misreading come una sorta di legittimazione per intellettuali vergognosi della loro ombra New Age – una psicologia “creativa”, una terapia gnostica senza impegni verso il Pleroma…
James: Bella prova di “psicanalizzazione”, come dicono da noi – o di moralismo, come si dice, o diceva, da voi…
Philexinus: (ride) Imputato, risponda alla domanda!
James: Vuoi farmi rivelare che sono stato esoterico. Vuoi che ti dia la chiave, il filo d’Arianna, la soluzione dell’enigma…
Philexinus: (sorride imbarazzato) Sono un po’ apollineo, vero?
James: (ride) A-pollon, apollymi – la non-molteplicità che uccide…
Philexinus: La tua elusività è una risposta.
James: Ma non nel senso che nasconda la risposta, il testo “in chiaro”. Nel senso che è la risposta.
Philexinus: Questo intendevo.
James: (sorridendo con fraterna dolcezza) Attento a non intendere troppo… Hai appena sfiorato l’oracolo, sai cos’è successo a Edipo…

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