Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 31 dicembre 2013

Marginalia vergati scivolando in un fossato (per la Veglia di san Silvestro)



Fotografia: sogno positivistico della riproduzione della realtà così com'è, proiezione tecnica di una fantasia gnoseologica ormai ben impiantata nella psiche occidentale – e al contempo la cattura di fantasmi, di ombre (ombre, junghianamente, della forma mentis positivistica ortodossa). Foto di freaks, di morti, di poveri (freaks anche loro), di selvaggi (pure). La posa imponeva o plasmava maschere bronzee, con ancora qualcosa della teatralità del ritratto, biografia classica coagulata.
Fonografo, capta le voci come un medium. Tele-grafo, tele-fono, materializzazioni riproducibili, democratiche, messianiche, di operazioni magiche, occulte.
Cinema: la lanterna magica delle fiere, resa più illusionistica dal rituale preparatorio (la sala buia, la sessione comune che esalta l'isolamento). Inizi comici e pornografici: la meccanica applicata al vivente, la marionetta umana ancor più disincarnata come ombra-automa.
Radio: anni '20, l'era dei totalitarismi, dell'isteria di massa manipolata dai grandi demagoghi. La voce della guida, del duce, del piccolo padre entra nel focolare, è l'unico vecchio del paese autorizzato a raccontare le sue storie, e sono discorsi magici, seduzioni e coiti, concepimenti di golem immani, ordini di mobilitazione generale, totale.
Televisione: era eisenhoweriana, secondo dopoguerra, era del totalitarismo morbido e sagace, consumistico: sfrutta l'esperienza della radio, ma la potenzia grazie all'immagine, che cattura completamente l'utente, mutando per sempre il senso della sua casa, della sua vita immaginativa, percettiva, sociale, culturale. L'uomo come ricettore di merci e fatture pubblicitarie, luogo di transito – nemmeno di digestione – di desideri modellati dalla grande industria. Passività quasi perfetta: le lotte degli anni '50, '60 e '70 nascono al di fuori della sua magia, cercano di rivitalizzare gli slanci epici della lotta al fascismo durante la guerra, ma necessariamente dovranno assumere un carattere terroristico, come l'epoca nel suo insieme (Guerra Fredda, dittatura larvata, double bind eretto a sistema), o narcisistico-individualistico sotto le specie del collettivismo ('68), aprendo così la strada al narcisismo come grande patologia della generazione successiva (idea di Federico Gizzi).
Computer: anni '80, crollo del blocco sovietico, fallace ridefinizione del capitalismo (l'energia insufflata dal decrepito attor giovane, Reagan, il liberismo autoritario della zia arcigna, Margaret Thatcher): il computer è una proiezione tecnica del nous, una macchina del nous. Come ogni invenzione, porta con sé l'ambivalenza prometeica: strumento di liberazione dalla passività propria del macchinismo otto-novecentesco, ma anche ulteriore parodia della caverna platonica, il prigioniero in catene che si sente mago, il paradosso patologico del narcisismo giustificato, self-righteous. La nascita della Rete Mondiale, dopo la caduta del muro di Berlino, e infine dei Social Network, dopo l'11 settembre, rende ancor più fascinosa l'ambivalenza: la 'solitudine interconnessa', una rete magica sempre più pervasiva e invasiva, e una possibilità di intervento, di azione diretta, di riscatto dalla passività della televisione e del videogioco – si parla di rivolte di piazza giovanili nate o per lo meno promosse, moltiplicate e documentate dai social network, di democrazia diretta tramite il Web, vi si innestano temi concepiti in tempi culturalmente diversissimi, l'anarchismo, il comunitarismo, il situazionismo... Come Chesterton nutriva qualche speranza, con saggia riserva, nello sviluppo dell'industria automobilistica, così Ellul nella diffusione di massa dell'elettronica, anche lui ovviamente con la riserva che il 'sistema tecnologico' non se ne impadronisse: da qualche tempo si iniziano ad agitare i fantasmi di un controllo capillare tramite la Rete, una sorta di 'Stasi morbida', che però perpetuerebbe l'atmosfera culturale e politica di prima dell'89. – Ma la paranoia complottistica nata e coltivata dopo l'11 settembre è diversa da quella anteriore: prima si temeva la spia, proiezione oscura, ombrosa del mondo militare, oggi si teme da un lato, senza troppa convinzione, il terrorista come nuovo barbaro che minaccia la civiltà occidentale, dall'altro il controllo di un sistema senza volto come arcanum imperii della 'sicurezza', della pax oeconomica successiva all'Armageddon del '45.
L'avvento del computer richiede (in senso sia letterale che traslato, o piuttosto sia forte che attenuato) una sorta di diffusione, di democratizzazione autentica del pensiero e della pratica magici: impossibile dominare un 'non-strumento', un 'post-strumento' simile, senza una consapevolezza quasi sciamanica delle sue immani implicazioni. Inoltre, se è vero che la macchina non elettronica, come dice GKC, 'vuole' utenti macchinali, servi, e non consapevoli adoratori, per il computer, per la macchina elettronica (sempre più incline ad assottigliarsi oltre i limiti della macchina) vale quasi il principio opposto – vuole e invoca con gemiti inenarrabili un mago, non aristocratico, non isolato, che sappia assorbirne il riflesso in sé come un uomo. E siamo ancora ben lontani dal trovarne uno, perché nell'illimitato crepuscolo ermetico del computer la lanterna dell'Eremita non riesce ancora a scorgere profili e contorni di volti.

In un'epoca apocalittica lo Spirito divino non chiama né le genti e i popoli, disgregati dal tossico del tempo, né i singoli profeti-inviati (la loro nascita e maturazione richiede ed è richiesta da un'epoca di vera crisi, di corruzione del seme nel limo terrestre, dev'esserci il mito di una tradizione semisepolta e l'impeto di un'eresia fecondatrice): il debito è condiviso in una interdipendenza che il secolo XX ha iniziato a mostrare in modo sempre più chiaro e dunque enigmatico; di qui la turbolenta stanchezza – ansiosa, depressa, anestetizzata-narcisistica – delle sue ultime generazioni, che ora, nella stagione della interconnessione elettronica (in cui la messa in scena dell'interdipendenza è ancor più filosoficamente perfetta, quintessenziata), è attraversata da fremiti oscuri, ciecamente profetici – apocalittici, appunto – di comunitarismo magico, esoterico, l'occulto auspicio di creare un golem noetico, acquariano, una noosfera. L'antica opera dei figli di Hermes cerca, nell'apocalisse, rimescolamento di tutte le forme, di tutti i varna, una ambiguissima democratizzazione – insieme caduta nel fango e liberazione dall'orgoglio, confusione delle confusioni e semenzaio sospeso tra cielo e terra, sterminato accampamento di candala e goffo bocciolo della candida rosa.

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