Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 10 dicembre 2011

La Risalat al-aʻyan al-thabita di Ibn ʻArabi: breve commento


Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole

Sappi – possa Dio farti riuscire in ciò che Egli ama e gradisce – che un dotto trovava estremamente problematico il seguente hadith qudsi: “Ero un tesoro nascosto e amai essere conosciuto; così creai la creazione per essere conosciuto”. Rese noto che la domanda era stata posta a molti degli ʻulamā nostri contemporanei, ma che non erano riusciti a dargli una risposta.
Quando considerai quanto aveva detto, Dio – sia Egli esaltato – mi ispirò quattro risposte. Comincerò riportando ciò che ha detto e poi aggiungerò le risposte che Dio – sia Egli esaltato – mi ha elargito per grazia.
Il problema è che il nascondimento è una realtà relazionale, in quanto dev’esserci qualcosa di nascosto e qualcos’altro al quale il primo è nascosto. Non è possibile che colui al quale qualcosa è nascosto sia Dio – sia Egli esaltato – perché Egli è manifesto a Se stesso, conoscitore della Propria Essenza nella preeternità e nella posteternità. Né è possibile che sia la creazione, perché non esistevano creature nella preeternità in modo che Dio potesse essere loro nascosto. Il hadith dice: “Dio era e non c’era alcuna cosa con Lui”. Pertanto il nascondimento implica gli esseri creati e questi ultimi sono la causa secondaria del nascondimento, non della manifestazione. Ma ciò è l’opposto di quanto indicato dal hadith, perché nel suo senso letterale il hadith indica che Egli – sia Egli esaltato – era nascosto nella preeternità quando la creazione non esisteva. Questa era la domanda iniziale.
Ebbene, io dichiaro che una risposta a questa domanda può esser data in diversi modi. Il primo è che per nascondimento si intende la non-esistenza di qualcuno all’infuori di Lui Stesso che Lo conosca. Quando volle che ci fosse una pluralità di soggetti che Lo conoscessero, Egli creò la creazione. Egli espresse la non-esistenza di un conoscitore con l’immagine del nascondimento, come se avesse detto: ‘Io ero un tesoro glorioso e un nobile gioiello, ma non c’era nessuno che fosse consapevole di Me tranne Me stesso e nessuno che conoscesse la Mia esistenza se non Io’. Perciò usò l’immagine del nascondimento in un senso generale, intendendo quanto è da essa implicato, ovvero la non-esistenza di chiunque potesse conoscerLo. Quindi il significato sarebbe: ‘Io ero un Signore benefico e un Dio di grazia e di traboccante pienezza, ma nessuno era consapevole di Me né conosceva la Mia Perfezione e la Mia Bellezza. Così amai essere conosciuto e creai la creazione per essere conosciuto’. Questo è un significato plausibile e che non fa problema.
La seconda risposta è che le cose hanno due tipi di esistenza: l’esistenza nella conoscenza e l’esistenza esterna. L’esistenza nella conoscenza coincide con le cosiddette entità immutabili, che sono primordiali e preeterne. L’esistenza esterna è originata nel tempo e il nascondimento di Dio – sia Egli esaltato – era relativo alle entità immutabili nella preeternità, perché le entità immutabili esistevano con Dio ma non avevano alcuna consapevolezza di Lui, e perciò Dio era nascosto relativamente a loro. Quando Egli volle che le entità immutabili Lo conoscessero, le condusse dall’esistenza nella conoscenza all’esistenza esterna in modo che Dio, sia Egli esaltato, fosse conosciuto, perché non si può essere consapevoli di Dio, sia Egli esaltato, se non attraverso l’esistenza esterna.
La terza risposta si ricollega a quel che [al-Jawhari] dice nel Sihāh, riportandolo da al-Asma’i: “ho nascosto la cosa” vuol dire “l’ho sigillata”, ma anche “l’ho resa visibile”, perché questo [verbo] appartiene al gruppo degli addād [=termini con significati tra loro opposti]. Perciò le Sue parole: “Ero un tesoro nascosto” possono essere intese come derivanti dal termine ‘nascondimento’ nell’accezione di ‘manifestazione’. Quindi il hadith significherebbe: “Ero un tesoro manifesto a Me stesso, ma non c’era nessun altro a conoscerMi tranne Me stesso, e Io amai che qualcuno all’infuori di Me potesse conoscerMi, e creai la creazione”.
La quarta risposta è che il significato può essere: “Ero nascosto al massimo della manifestazione”, come se avesse detto: “Il Mio Sé era quasi nascosto a Me stesso, e a fortiori agli altri, a causa della massimità della manifestazione. Perciò creai la creazione come un velo alla Mia manifestazione e una cortina sulla Mia luce in modo che parte della Mia manifestazione restasse nascosta e gli esseri creati potessero percepirMi”. Non sapete che se qualcuno desidera guardare direttamente il sole si fa ombra agli occhi con la mano e copre una parte della sua luce in modo da poterne percepire un’altra? Perciò Egli creò gli esseri creati affinché fossero un velo sulla Sua luce e ne fece una causa secondaria del Suo essere percepito: “Amai essere conosciuto e creai la creazione”. Sia lodato Colui che pose la manifestazione a ostacolo del percepire e fece della cortina e del velo una causa secondaria della manifestazione e della percezione. Questa è la conoscenza delle realtà.        
 
Breve commento

Questione relativa al hadith del Tesoro Nascosto: nascosto a cosa? Non a Sé (Egli è manifesto a Se stesso), né alla creazione che non esisteva. Eppure tale nascondimento sembrerebbe implicare una relazione eterna tra Haqq (Dio) e Khalq (Creato): il tesoro dell’Essenza manifesta nei Suoi Nomi e nascosta nei Suoi Nomi, batin e zahir in una dialettica circolare inestinguibile.
Prima risposta: il nascondimento è relativo a un soggetto conoscitore altro da Sé; Dio volle essere conosciuto da altro, in altro, volle essere in altro – la Volontà-Uno vuole l’ostacolo, l’objectum, farsi oggetto, specchiarsi, la conoscenza di Sé nello specchio dell’altro è un’estasi d’essere nell’altro. Da un lato abbiamo la Volontà di Schopenhauer, non-razionale, ignorante, che vuole soddisfare la propria tensione infinita nell’esistenza finita, fallendo infinitamente – ovvero la Volontà come tanha, come soggetto della Maya-Avidya; dall’altro abbiamo il bonum diffusivum sui, la volontà estatica che si realizza nella libertà chiudendo infinitamente il circolo del nihil, il nulla preesistenziale come riflesso della decreazione “finale”, dell’epistrofè che riassorbe la manifestazione.
Seconda risposta: Dio è nascosto alle entità immutabili nel loro stato di esistenza conoscitiva, ovvero come idee in mente Dei, perché in tale stato non sono consapevoli di Lui, non sono presenti a Lui – sono non-esistenti, pure relazioni nell’immediatezza conoscitiva-esistenziale di Dio; così Dio volle che le entità fossero consapevoli di Lui nello stato di esistenza esterna, come realtà individuali, enti che partecipano dell’atto d’essere che è Dio stesso. La volontà creatrice è l’impulso, senza prima né poi, con cui il Reale si realizza nell’esistenza una e molteplice, come individualità determinata nelle infinite individualità, in tal modo trasferendo le proprie determinazioni essenziali, implicite, immediate, nelle esistenze-teofanie: la libertà come non-oggettualità, come superamento dell’ostacolo-ignoranza, richiede il velo, lo specchio, il limite che dinamizza, mette in collegamento l’essere con se stesso, si pone come barzakh tra l’Infinito e l’Infinito, tra i due oceani. Così l’ignoranza e il male sono il segreto del Reale, di Dio, la Sua iniziazione come iniziazione a Sé.
Terza risposta: coincidenza di occultamento principiale e manifestazione principiale; il Tesoro è nascosto-manifesto, nascosto perché manifesto, manifesto perché nascosto. La Sua manifestazione è occultamento all’altro da sé, esclusione dell’altro da sé, del nulla, ma anche vincolo alla libertà-bene; il Dio manifesto a Sé è occultato all’altro da Sé, ovvero alla propria pienezza-realtà suprema, la Sua presenza a Sé come posizione di Sé è mancanza dell’altro e bisogno dell’altro, della creazione come effusione estatica della Misericordia, limitazione che realizza l’infinito, manifestazione-riflesso che rende tutto intimo, Spirito.
Quarta risposta: La manifestazione di Dio, del Reale come Dio, è nascondimento a Sé e all’altro, è come se lasciasse un residuo, aprisse un vuoto: così il velo che consente la rivelazione è il compimento della manifestazione; l’ignoranza, il nulla, il male sono ciò che manifesta la sovraconoscenza, la sovraconsapevolezza del Reale di cui parla Eriugena, che è ignoranza sopra la conoscenza, intimità libera.



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