Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 27 agosto 2011

Pensieri del Cane


Si può tracciare una corrispondenza di massima fra le tre ipostasi neoplatoniche (più il corpo o mondo sensibile) e gli stati dell’essere del Vedanta: Hen-turiya; Nous-prajna/sushupti; Psychè-svapna; Soma-jagrata.
Psychè è il sonno con sogni: l’anima pensa/parla, è la creatrice, il demiurgo della propria conoscenza, verum est factum. Dominio del possibile-contingente. La veglia dei sensi e del corpo è la soglia, la superficie dello specchio attraverso cui l’anima veri-fica il suo sogno: l’identità di forma logica tra pensiero/proposizione e realtà (Wittgenstein) postula, per il principio degli indiscernibili, che l’oggetto sia una proiezione dell’anima, ma anche la soglia della sua epistrofè al nous, al tutto. L’impronta della necessità nel possibile – la logica – è l’impronta dell’uno-tutto attraverso la vuota categorialità di ananke. L’anima incontra se stessa nell’alterità (nel mondo, come mondo), l’anima fa se stessa nell’alterità (nel mondo, come mondo). Il nous o sonno senza sogni è la presenza dell’anima alla propria creatività, lo sguardo semplice come spazio-akasha su cui si stagliano le nuvole, le onde del sogno. Il Soggetto-punto fuori dal mondo di Wittgenstein, con cui il mondo coincide. La prospettiva si scioglie in accoglienza, in puntualità e integrità. Cancellato il punto, il nous ritorna all’indicibile pienezza dell’Uno o Zero, che si sperimenta come libertà vivente attraverso tutti i piani ontologici.

Il mondo è il mio mondo, la mia rappresentazione, il mio sogno. Il fenomeno è phainomenon, ciò che si mostra: a liberarlo dall’idealismo kantiano vale la teosofia di Ibn Arabi esposta da Corbin. Il rapporto tra rabb e marbub, tra il Signore divino e il suo servo, il suo “signoreggiato”, è alla radice del rapporto tra soggetto e oggetto: lo sono entrambi, reciprocamente. Il rabb è uno dei Nomi divini, un possibile che si conosce (si epifanizza) e si realizza nell’esistenza individuale del marbub. Così il servo e il suo Dio, la creatura e il creatore, l’uomo e il suo archetipo celeste, la psychè e il nous, congiunti nella presenza (khudur), accedono all’Uno, all’Essenza-Identità divina o Dhat: passano dal sogno al reale attraverso l’atto intellettivo e l’atto della fede-assenso. L’esistenza, il reale è l’Uno, il nesso uni-fico dei Signori e dei signoreggiati. Così il tajalli, la teofania del Reale, identificando conoscenza e manifestazione, dà il giusto spessore metafisico al “fenomeno”. Il mundus imaginalis (alam al-mithal) o “mondo della similitudine”, della metafora, è la retta “spiegazione” della methexis platonica, la “partecipazione” del mondo sensibile al mondo intelligibile, altrimenti – per la ragione – aporetica (si veda il Parmenide). L’immaginazione realizza il nafas al-Rahman, il “soffio del Misericordioso” che dà origine alla creazione-teofania: è maya creatrice, sintesi di uno e molti, “volontà” che fonda il fenomeno-manifestazione, il phainomenon (e in cui è sia la misericordia che l’eros, il kama dell’Inno rigvedico, l’hubb o amore del hadith musulmano e l’agape cristiana, il quia voluit di Agostino che Illich rende con “porqué tenia ganas”: il Femminile archetipico, l’Alterità che ferisce/apre e fonda l’Identità).

Dobbiamo vivere come se al mondo esistessimo solo noi e il nostro Dio, diceva Teresa, citata a suo modo da Leibniz a proposito dell’autonomia microcosmica della monade: è vero, ma il mio Dio manifesta a me, in me, per me il Dio degli dei, il nous, e nel nous l’Uno.

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