Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 27 agosto 2011

Canto dell'uomo


Ho ricevuto in sorte dal mio dio
sensi meno lucenti
del gatto e della mosca, un brancolare
miope, incessante, tra filamenti
d’ombra, una fame di sentieri
comuni, di ostacoli
e mappe, una condanna
a plasmare immagini di vita
con la mia creta di morte.
Studio gli uccelli, progenie degli angeli,
e in ogni cane ritrovo un principio
ben dispiegato di rettitudine,
un’impeccabile virtù civile. Ma accostarmi
a quel ficodindia non posso
ardire – lo vedi come annuncia,
come mostra se stesso, come lascia
emergere da sé la visione
intellettuale senza le polarità
angosciate del sangue? E non parliamo
nemmeno, impossibile parlarne,
sebbene sia all’apice
di ogni mio discorso, del ciottolo
della strada – potessi per un attimo
restare come lui, come lui obbediente
all’amore segreto, al desiderio
amabile e imperioso. Eppure mi resta
nel punto esatto della mia caduta
una memoria d’orfano, un affanno
di paria e di sacerdote,
eppure ho avuto stranamente in dote
una brama di schiavo e di migrante
confitta al cuore di ogni mia abitudine,
impastata in ogni minimo
anello della mia catena.




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