Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



mercoledì 6 luglio 2011

Frammento di una lettera di Antigono di Cirene, filosofo eclettico del I sec. d. C., al discepolo Quinto Lucilio Vittore


…noi non veneriamo più, a differenza del popolo ignorante, i molti dèi inventati dai poeti antichi, ma come i Giudei rendono un culto materiale a un unico dio irrazionale, così noi rendiamo un culto intellettuale a un unico dio razionale. E tuttavia, essendo la nostra anima naturalmente inclinata verso la molteplicità, a volte trae dalla devozione ai molti un vantaggio maggiore che dall’ossequio tutto interiore e astratto all’Uno, principio di ogni principio. Per tornare ai Giudei, che come sai ho avuto modo di frequentare quando ero acquartierato con le truppe ausiliarie a Cesarea Marittima, i loro maestri insegnano che il suicidio è un grande peccato perché lede la maestà del Dio Unico, è una sorta di insubordinazione contro il reggitore del cosmo e contro il cosmo stesso e dimostra un empio rifiuto del proprio destino, insomma, per dirlo in una parola, riassume in sé ogni male in quanto sorge dal primo dei mali, l’ingratitudine o disobbedienza. Mi obietterai che la filosofia prende le distanze da tali oscuri ragionamenti ed è anzi un cammino di purificazione razionale che ai misteri della massa incapace di condursi liberamente sostituisce i misteri di una mente libera, chiara e potente; e tuttavia chiediti se la maggior parte dei filosofi non arrivi a conclusioni molto simili a quelle dei rozzi maestri dei Giudei. Questo perché sia i devoti dell’unico dio irrazionale, sia i devoti dell’unico dio razionale non riescono a immaginare che qualcuno possa suicidarsi se non per pochissimi motivi, e tutti riconducibili ad uno e uno soltanto: ovvero il giudicare la vita indegna di essere vissuta, per i pericoli che la minacciano, per i morbi che la consumano o per il tedio che la svuota. Entrambi pensano al suicidio come alla violazione di un’unica legge, come all’affronto a un unico dio. Ma se noi fossimo dei popolani ignari di ogni educazione o vivessimo nel tempo dei nostri padri non saremmo dello stesso avviso: riferiremmo i molti suicidi che avvengono tra gli uomini di ogni ceto, origine e natura, di volta in volta a dèi e archetipi diversi, e considereremmo la deliberazione del suicida un tentativo di interpellare o provocare questa o quella potenza daimonica. E sebbene questa molteplicità di punti di vista sia più conforme alla natura e alla struttura interna dell’anima, volta al molteplice o piuttosto tesa tra l’uno e i molti, io non voglio certo indurti a ripudiare la tua formazione filosofica e a mescolarti al popolino per condurre un’esistenza piena di timore e turbamento; voglio invece suggerirti un esercizio che è filosofico perché accosta l’anima alla sapienza, ma che molti di quanti si dicono oggi filosofi giudicheranno un vano gioco delle passioni. Considera che la Legge del cosmo è una, ma non può che esprimersi in mille decreti, e invero quasi tanti quanti sono i suoi sudditi; perché una sola norma scritta per tutti gli uomini dell’universo sarebbe fonte di angoscia, terrore e confusione come un regime tirannico o, che è lo stesso, una stolta superstizione. Considera che se molti suicidi avvengono per stanchezza della vita o per disgusto della schiavitù e dell’infermità, ce ne sono o ce ne possono essere molti altri che vengono messi in atto per motivi completamente diversi: e infatti, se non crediamo all’unicità e irreversibilità di questa esistenza corporea (tale credenza è a mio giudizio all’origine del culto di un unico dio, razionale o irrazionale), ma la vediamo come un modo particolare in cui si manifesta un’idea o essenza più grande, un suicidio può essere molte cose, perché l’anima stessa può essere e anzi è molte cose, la molteplicità delle cose. Perché, ad esempio, non potrebbe essere considerato un’oblazione agli dèi inferi, o una vendetta, o un tentativo di calcare un altro sentiero dell’esistenza, oppure, come suggerivi tu stesso in quella notte terribile, una domanda impaziente…

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