Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



mercoledì 24 settembre 2014

L’economia del desiderio. Breve nota sull’amore fisico e la politica




Il Kāma-sūtra di Vātsyāyana è palesemente modellato sull’Artha-śāstra di Kauṭilya. L’artha, l’interesse, è il fine di mercanti e artigiani (la terza casta), kāma è il fine dei guerrieri (la seconda). Emerge l’idea che il desiderio, l’eros protogonos, estasi scaturita dal tapas cosmogonico, sia già ab origine un mercanteggiare, un far politica ed economia – arti tortuose (significato del nome Kauṭilya) del molteplice, di māyā.
La tortuosità di artha, riconosciuta, lascia uno spazio alla rettitudine del dharma. Così kāma rientra nel fuoco del tapas, da cui è uscito, come un pugno di aromi. Lo Stato è artificio, wei: il dharma è la società castale, il rito, la traditio come consuetudine sacra, wu-wei. Il sovrano di Kauṭilya è affine alla prostituta-cortigiana, o al seduttore, del trattato di Vātsyāyana : entrambi portano il sangue e il potere del sacrificio nella sfera di a-sat, del non-essere. L’interesse è lo scarto del sacrificio – ma anche la sua esca: si sacrifica per acquisire ricchezza. È la menzogna, la morte, ti: nella parola satyam, che la Chāndogya Upaniṣad legge come sat-ti-yam, segue immediatamente a sat, come il mortale è subordinato all’immortale.
Le spie, cui Kauṭilya riserva un ruolo essenziale nella gestione degli affari statali, sono affini ai segreti d’amore e ai loro intermediari. Wendy Doniger osserva che la stessa bhakti, la devozione al dio, copia i suoi riti ebbri, i suoi gesti folli, dalle arti di kāma. Si tratta appunto di un divino commercio: ricompensa, contratto, il self-interest della salute dell’anima, desiderio e karma – tutte idee che appartengono a entrambe le sfere, religiosa ed economica.
Le āsanas o posizioni del kāma si modellano su quelle dello Hatha-yoga o sui maneggi politico-economici?
L’errore di Machiavelli e, in maggior misura, di Bentham, è fare di artha un fondamento, ovvero sostituirlo al dharma. In una cultura monoteistica, gli arcana imperii sono come le “infrazioni” alla Legge per i sabbatiani moderati (occasionali trasgressioni giustificate da un telos più alto o più profondo, esoterico-messianico) – o al limite per i casuisti. Ma in questo Machiavelli è ancor più ingenuo di Leo Strauss o, tra i contemporanei, di un Robert D. Kaplan. Si può essere ‘tortuosi’ (nel senso e alla maniera di Kauṭilya) solo preservando il dharma: altrimenti si è ‘rivoluzionari’ (idolatria del politico) o ‘realisti’ (sostenitori del balance of power che alla lunga mostra, al pari della rivoluzione, il vuoto sotto di sé).
Le arti di kāma hanno la fuggevole bellezza della spuma da cui nasce Afrodite – e al contempo proiettano l’ombra della macchina, inseparabile dal sacrificio e dall’interesse economico. Che resti un gioco –  nelle sue latebre scivolose e profumate – dipende dalla capacità di non estrarre la lama di artha dal fodero – in latino vagina. Il desiderio appartiene alla casta dei guerrieri: il metallo tagliente è nella stanza – ed è meglio non dimenticarlo – ma nascosto e coricato a terra, o sospeso come in sonno.

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