Kore-Persefone
è Aletheia. È tutt’uno (tautò) con
Afrodite, dea della manifestazione e dell’inganno, māyā-apate. La colomba
appartiene ad entrambe come animale dell’albedo,
dell’intelligenza spirituale, della pace tra corpo e spirito.
In
Apuleio la bellezza di Venere è custodita nella pisside di Proserpina, in fondo
all’Hades, l’Invisibile. Persefone-Verità (o Disvelamento, Manifestazione) è
senza nomi, dunque è la Nominatrice: in lei si uniscono indissolubilmente il tanzīh, la negazione apofatica, e il tashbīh, l’analogia e partecipazione
catafatica.
La
falce lunare della morte taglia il ‘mondo’, la sua apparente continuità, in
istanti, teofanie. Così la freccia di Zenone è congelata, eterna in ogni
istante: la kinesis, il movimento, è
l’esperienza della mente desiderante, proiettata all’esterno. È la schiuma
marina di Afrodite a suscitare l’inganno (apate)
della continuità.
Kore
è l’anima in quanto ātman. È autokinēton, muove se stessa, ma anche akinēton, immobile, nell’istante eterno.
Le
due vie di Parmenide sono: esti (via
di Peithò, persuasione, conduce da Afrodite a Persefone; la philotes o amicizia cosmica di
Empedocle); ouk esti (via della
distruzione dialettica; Zenone, il neikos
di Empedocle come lotta che consuma se stessa, negazione che si nega). La terza
via non è una via, è lo sbandamento ordinario dei dikranoi, gli esseri con due teste.
I
chicchi di melagrana sono la vera continuità di mētis, la saggezza che è la non-dualità di Persefone e Afrodite,
Psiche e Venere, Biancaneve e Regina. Chicco è rhoià, come Rhea, il continuum
della materia. Come in alto, così in basso.
La
mētis di Parmenide è la maat egizia. Il navigante ermetico, kybernētēs, timoniere, l’Odisseo dalle
mille peripezie, è polymētis, ricco
di mētis, ha una mētis molteplice, capace di penetrare e ridurre a uno la
molteplicità. Si tratta di una sapienza tellurica e lunare insieme, sottile,
magica – la shakti del sapiente.
L’eon sferico di Parmenide è l’ōon, l’uovo orfico, come la Binah
kabbalistica, utero divino, e l’hiranyagharba
vedico, embrione-utero aureo. Il tajallī,
la teofania originaria, è quella dei Nomi, divini e creaturali, i Possibili: l’esti greco significa “è” ed “è
possibile”. Dove non c’è potenzialità-mutamento, kinēsis, posse ed est sono uno (Cusano).
Oscar
Milosz e Parmenide. L’amore del movimento-kinēsis
è il pensiero, il getto di sangue-seme originario, Kāma-Eros Protogonos,
Afrodite. Sono dati simultaneamente movimento, materia, spazio-tempo. La
necessità di situare in un luogo sicuro (identificazione egoica e correlativo
‘mondo esterno’) è dovuta alla paura-stupore-smarrimento primordiali. La si
vince scoprendo che l’unico “luogo sicuro” è il cuore, centro solare dell’uomo,
quando l’infinito materiale è colto (dunque delimitato in actu) come istante
immobile, unità. Si spegne il bisogno di localizzare, il desiderio ritorna a se
stesso, il mondo sorge dal-nel cuore.
Il
mercurio-sangue viene fissato nel cuore-oro. Il tutto, l’istante presente come
uovo, mela, perla, embrione-utero, palla dei giochi di Zagreo.
Persefone-Aletheia come Maria-Sofia, albedo
dell’illuminazione. L’immortalità è l’unione di questa regina lunare con il re
solare, lo zolfo della volontà magica risorta dalle ceneri del corpo attraverso
il bagno-utero del mercurio.
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