Crescente
e stella: simbolo del Vicino Oriente devoto della Dea; tramite i persiani
arriva a Bisanzio, città di Ecate la maga, dea lunare dei trivi (la luna nuova,
oscura).
Il
crescente di luna è Diana, la albedo
della illuminazione che inizia alla regalità, al dominio: le acque inferiori
vengono fissate, appare l’argento della consapevolezza libera da spazio e
tempo. La luna di Malkut, della sovranità, viene seguita immediatamente dalla
stella del mattino, Lucifero-Venere, portatrice della viriditas, della fioritura di vita vegetativa, plastica e
immaginativa. È l’Aurora Consurgens, l’Equinozio di Primavera eterno, l’incipit vita nova dell’incontro con la Dama. Nella Roma cristiana,
teocratica, il simbolo viene reso esplicito, esibito: la Donna che tiene la
luna, le acque, sotto i piedi ed è ammantata di stelle – dominio del divenire,
del mutamento, del serpente, della falce saturnia del tempo sublunare. Nella
Roma pagana il tema resta velato nel mito di fondazione: ostilità di Luna e
Venere, Giunone-Taanit, protettrice di Cartagine, e la madre di Enea, protettrice
di Troia. La falce lunare è quella di Saturnus, che si è nascosto nel Lazio (Latium a latendo): dio del sat, ipotizza Reghini, della pienezza
aurea, e insieme della caduta nel Tartaro del corpo fisico. Bisanzio è la
Seconda Roma, cristiana ma imperiale, che riprende lo stendardo della Dea: non
più Ecate ma la Vergine, anche se le figure femminili della mitografia
imperiale avranno sovente tratti di prostituta e fattucchiera. I turchi poi,
forse anche memori del loro passato remoto di adoratori della Dea, assumono
l’insegna islamizzandola: l’hilal del
mese lunare, del Ramadan; la stella del mattino come annuncio profetico, Colui
che viene di notte, al-Ṭāriq. Islam lex
Veneris: l’aldilà corposo, l’immaginazione creatrice, teofanica. Terza Roma,
Mosca: dopo la Rivoluzione di Ottobre, la falce lunare di Saturno agricoltore,
la stella che annuncia il Sole dell’Avvenire, in più il martello della forgia
di Vulcano. L’impero emerge dalle acque, dalla notte della guerra civile, è
imbiancamento del cuore che fa verdeggiare la terra: tutto fiorisce, si
sviluppa, le potenze esultano nella primavera dell’espressione liberata. La
pace imperiale (proprio come la pienezza ebraica, shalom) dona la felicitas
terrena, riconduce al paradiso terrestre (la Matelda di Dante): è la
sublimazione della terra, ottenuta facendo volare le aquile, uccelli di Giove,
e le colombe, uccelli di Venere. Nel Triomphe
Hermétique è scritto: Sydera Veneris et corniculatae Dianae tibi
propitia sunto: la stella del mattino e il crescente. Spirito e corpo si
congiungono, le loro nozze sono l’equinozio dominato dall’Ariete, ovvero dallo
zolfo sepolto nel corpo come Lucifero, visio
smaragdina della gloria arcangelica, è conficcato al centro della Terra.
Malkut
è luna e terra, Dama che si offre all’eroe, candidato
alla regalità. La Sposa celeste è una Venere che conferisce la capacità di vinculatio, la magia erotica
dell’impero: ma è anche una Diana ritrosa, che contemplata nel suo occulto
splendore rende cervi gli Atteoni, prede i grandi cacciatori – ovvero ne fa
esseri sovrumani, che complicano in sé i contrari, assimilano l’energia immane
della sconfitta, dell’annichilazione, della spoliazione, rinascono da acqua e
spirito.
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