Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



giovedì 14 aprile 2011

Frammenti saturnini


Nietzsche: Se vuoi restare giovane a lungo, affrettati a diventare vecchio.


Figlio di Urano, il cielo profondo e oscuro, l’archetipo-limite, sublime-nullo, e di Gea, la ricettività, il peso-stabilità, Crono-Saturno è l’archè. Ovviamente tutti gli dei sono archai, ma Crono-Saturno, l’arcititano, è per così dire l’archè delle archai, e come tale sta al margine (perché costretto, ma forse “ama nascondersi” come la physis eraclitea). Il padre degli dei e degli uomini è suo figlio, posteriore all’archè, il patriarca Zeus (il regno patriarcale si accampa come ri-cominciamento, sempre debole e minacciato – vedi la profezia di Prometeo incatenato).

Crono-Saturno è il senex: la sua congiunzione col puer è originaria, quindi si è perduta-spezzata e va “recuperata”. Le origini sono auree, libere, spontanee, ricche, fluenti (età dell’oro, Eden anarchico); ma anche regolari, rituali, sacerdotali (Città del Sole, Saturnia regna).

Il mito di re Mida è una tragedia dell’età cronia: chi trasforma tutto in oro è il contemplante, digiuno, impotente, immobile. Aporia del possesso assoluto: il Vecchio non ha più niente, quindi ha la chiave del potere (del potere impotente – e del potere spirituale, come in Byzantium di Yeats).

Nelle rivoluzioni, il puer dionisiaco e il senex saturnino sono entrambi presenti: storicamente (dal punto di vista della diacronia umana) sono in conflitto dialettico, archetipicamente (sul piano della sincronia divina) sono legati, abbracciati. Ci si ribella e si distrugge sempre per riconquistare il Paradiso terrestre, la libera-regolata archè. Ma nel tempo storico, appunto, la scissione tra puer e senex porta all’oscillazione tra la licenza festosa e lugubre dei tumultuanti col berretto frigio (simbolo dionisiaco) e la successiva dittatura (il Terrore), preludio alla tirannia (Napoleone) e alla restaurazione (monarchie ‘borghesi’).

Il martello di Efesto e la falce di Saturno, branditi come armi dall’Ares-Dioniso rivoluzionario, rivoltano il campo per prepararlo alla squadrata regolamentazione dei piani quinquennali.


Urano, l’onniavvolgente vacuità dello spirito, genera Saturno-archè, che lo evira: l’archè soppianta la vacuità, che da allora in poi sembra nulla, impotente. L’archè viene poi evirata a sua volta dal figlio Zeus, l’azione geniale, il giudizio folgorante, la regale creatività. (Saturno divora i suoi figli: si è ormai consumato il distaccato dal puer, il vecchio re aborrisce il nuovo, assimila tutto a sé. Ferocia dell’Unità. Il mondo sub specie Saturni è il mondo qoelethico, in cui non c’è novum).

Viene gettato nel Tartaro: da lì regola i ritmi naturali della terra, ma anche le rimozioni, le coazioni profonde, essenziali, petrose, arcaiche.


È il dio dell’accumulazione gelosa, dell’immobilità, e anche della purificazione, della nigredo, della spoliazione. Accumulo e denudamento sono congiunti nella fucina alchemica del carattere, ethos-daimon, che non è l’ego ed anzi è in un rapporto di continua lotta-elusione con l’ego. L’ego è ciò che impedisce all’anima di vedere in trasparenza.

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