Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



mercoledì 13 ottobre 2010

Appunti dell’uomo di campagna davanti alla porta della Legge: Appendice I (ermetica-psicologica)/7


La communicatio della Testa e del Corpo implica e genera un chiddush inesauribile, per cui negli otri vecchi il vino chiede sempre di rinnovarsi fremendo in pienezza di pace. Gesù prende su di sé da innocente i mali volontari delle Sue membra: ma Gesù assume anche, se è lecito dirlo, il male volontario redimendolo nell’abbraccio (Egli è anche adottato, è anche il Maestro della teshuvah, della metanoia: il Figlio Prodigo è ancora Lui). È imputato di tutto ciò che il Corpo, in quanto corpo, farà senza esserne accusato, perché lo avrà ricevuto: Egli ‘si divinizza’, si spoglia dell’umiltà dei commentatori-soferìm e anche dell’annichilimento mistico di al-Hallaj ed Eckhart, prende su di sé l’autorità divina come prende la corona di spine, l’autorità che ferisce solo la Testa. Perché?
Elia Benamozegh non è convincente quando accosta Gesù, hapax di luce e potenza, allo pseudomessia Shabbatai Tzevì, hapax di follia turlupinesca, di gnosi estremistica, antinomistica: e tuttavia l’accostamento può illuminare l’essenza della Rivelazione. Il Rosh (Testa), il Qutb (Polo, nel sufismo) è sollevato dalla legge essoterica, cemento comunitario, gestione umile (in profondità ipocrita ed idolatrica) del divenire, del tempo intermedio tra archè ed eschaton. Egli sconta in sé il tratto paterno, paranoide-folle, della trasmissione esoterica: lo accetta, ma accetta anche l’inizio dell’inganno, la misericordia-illusione (1) per cui l’archè profetica non può essere ulteriormente letta in trasparenza. Per superare l’incestuosità idolatrica-psichica (ed ecclesiastica), oportet che il mito originario non sia visto come mito: ciò è fondamentalismo dalla prospettiva di Psiche, ma dalla prospettiva del Rosh è verità-inganno, conoscenza-compassione; è il grido-lacerazione-errore dell’archè riorientato in direzione messianica, liberatrice (divenuto cioè beatrix culpa). Quindi, nonostante l’ingenuità “ipocrita” di Benamozegh, il nesso tra Rivelazione ed Incarnazione è originario, non è un’“eresia” cristiana: la follia di fronte alla Sapienza del mondo (delle genti), un mito che non è un mito, una “autoallucinazione” per disincantarsi dalla Caduta, il timore come preliminare accettazione dell’ignoranza, la lettera come corpo oscuro dell’Avversario-Dio di Giacobbe-Israele.
Nel Cristianesimo questo punto deve restare sempre esoterico non solo per la conservazione della Chiesa (che Cristo non considerò, e così scagionò il Corpo), ma anche perché il letteralismo-fondamentalismo preliminare è pietra di fondamento di una comunità credente. Non c’è Israele, Colui-che-lotta-con-Dio, non c’è fede, senza questo scoglio: e la fede è inizio di tutto perché la mèta è il Corpo Divino, la Resurrezione, lo Hen-kai-Pollà incarnato.
L’allucinazione dell’Evento è ciò che nello zen è il koan: ciò che pone sulla pelle una verità corporea, un corpo spirituale, che deve penetrare, internarsi, realizzare l’unione, la theosis.

Note


1) Nel Buddhismo Mahayana c’è questa forte consapevolezza: il legame tra Compassione (karuna) ed illusione in senso metafisico. Anche un midrash sulla creazione dell’uomo sembra implicarlo: gli angeli Verità e Giustizia protestavano, perché l’Adamo sarebbe stato menzognero ed ingiusto. Allora Dio, cosa fece? Afferrò la Verità e la gettò in terra.

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