Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 18 ottobre 2010

Appunti dell’uomo di campagna davanti alla porta della Legge: Appendice II: Totus in suis, totus in nostris/ 8


Se Gesù-Testa ha preso su di sé le debolezze della Chiesa-Corpo, e la Chiesa-Corpo ha ricevuto i poteri di Gesù-Testa (Isaac de Stella), l’obbedienza al Cristo storico implica l’obbedienza al Corpo di Cristo per essere condivisione nel Cristo Totale. Ma come accettare la mescolanza di grano e loglio, l’incompiutezza del Corpo per cui la Chiesa è prostituta e madre, senza subirla?
Il fatto che Gesù abbia totalmente donato se stesso alla Sposa, Anima-Chiesa, potrebbe portare alla posizione ebraica: la Torah non è nei cieli, il commento è inesauribile, l’autorità della Testa è alfa-omega, nascosta-e-imminente, mentre la creazione, il creato è nella beth, nel tempo di mezzo, a casa nell’esilio. Così però l’autorità, deletteralizzata e disseminata, è anche disincarnata? La Sinagoga è tout-court l’esoterico della Chiesa, i margini del Testo cristiano (Péguy)?
L’incarnazione libera dal letteralismo acconsentendo che l’esoterico si faccia lettera (non letterale): euanghelion è awon ghilayon, vangelo è “trasgressione dei margini”. Il nascosto-imminente accetta di essere lettera: la lettera uccide; quindi l’Incarnato è il Crocifisso. Gesù denuda l’esoterico della berith: la fede può tutto, il Regno non svuota solo il profano ma anche e soprattutto il qadosh, il qodesh; il mondo è ʽolam, un muro di letture non rinnovate. Ma diffondere questo segreto equivale ad esserlo, è una tragica colpa, che Gesù appunto deve assumere: sa che il segreto denudato si fa ancora muro, ancora mondo, e che chi si lega al suo destino messianico è afferrato dalla stessa ananke. La fretta messianica del discepolo deve patire volontariamente la croce del maestro, la croce della Legge.
Il discepolo sta nella Chiesa come Gesù sta nella keneseth: sa di incarnare il segreto, e quindi sa di meritare il giogo, l’ananke della lettera, della carne. Come la Torah condanna il messia esoterico, così il Patto nuovo, fatto Legge, condanna il discepolo esoterico. E se il Patto nuovo è lo Spirito, il sod denudato di quello ebraico, la sua condanna è intima e spirituale: il cristiano, il cristificato sarà crocifisso dalla lettera dello spirito, cioè dall’Incarnazione stessa. Come nella Legge antica: ciò che salva è ciò che condanna. La carne di Gesù, irriducibile, carica il cristiano di una colpa-ananke spirituale che egli prende su di sé, e restituisce a chi l’ha coniata (il Gesù storico stesso) facendone un’offerta a-tea, da fratello a fratello come se Dio non ci fosse (cfr Simone Weil), e così restituendo a Dio ciò che è di Dio, il volto oltre l’idolo, il Cristo di ogni cosa, di ciascuna cosa, cioè ciascuna cosa non col nome di Cristo ma col suo nome di cosa trasparente al Nome innominabile (ciò avviene appunto nel Nome di Cristo).
Così la Chiesa è sposa di Cristo, suo corpo e sua incarnazione esoterica oltre il segno del Cristo storico: l’annullamento della Torah fa risorgere la Torah; chi uccide spiritualmente la carne spirituale di Cristo apre, di nuovo, la porta al Regno – apre la porta della Legge. Il Regno è il così-com’-è senza idoli mentali; la Chiesa custodisce la lettera, quindi va combattuta restandovi, va aggirata sottilmente, svuotata così come si svuotò Cristo.
In questa direzione Cristianesimo e Buddhismo mahayana potrebbero convergere, ma il Cristianesimo è ancora e sempre ebraismo, ancora e sempre Legge, ancora e sempre profezia, quindi il suo significato “politico” (messianico) lo espone a un tragico gioco che la Sapienza buddhista può gnosticamente assorbire senza mai conoscere lo scandalo, l’intima lacerazione di un Dio Persona, i meandri kafkiani del Libro e dell’interpretazione, il fratricidio perpetuo di una religione di redenzione che muove dalla lettera della totalità.

Poiché la Parola si è fatta carne (luogo di manifestazione dello Spirito), l’idolatria specifica del cristiano (necessaria, quindi scandalosa) è la parola come mediazione al Cristo-Parola, il nome di Cristo come parola della Legge; il dogma dell’Incarnazione come risorsa per pensare, nell’attesa, il cristico farsi carne della Parola.

Lo Spirito è la pienezza di morte della lettera. Il Messia, il lettore che incarna la lettura, è l’unico in grado di redimere la lettera dal letteralismo. Egli stesso non è, non può mai essere, letteralmente se stesso.

Nessun commento:

Posta un commento