Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 2 agosto 2013

DUE GIOVINETTI DI VITA DISSOLUTA E DI FEDE ARDENTE. COSTANTINOPOLI, NEI PRESSI DELLA CISTERNA DI AEZIO, V SEC. D. C.



“No, non farci caso” mi disse, voltandosi come una vergine,
Giuseppe il Siro, l’amico più fiero
e brillante, e solo allora capii
che era innamorato.
Lo feci parlare, come sanno i compagni fedeli,
senza sbirciare nella ferita, senza applicarvi
medicamenti non richiesti, non inevitabili: “L’amore
che mi tiene”, riuscì a confessare alla fine,
“non merita parole, perché è vano, impossibile,
non è di questo mondo, né dell’altro,
e tu sai che io amo, fin nella chiusa
febbre delle ossa, entrambi”.
“Non voglio consigliarti, come i volgari, lo sfogo
della passione in discorsi infecondi,
che non danno piacere di lacrime buone e sanno far male;
ma ti prego, in nome della gioia spartita,
del dolore vinto dietro a un unico scudo, in allegria di guerrieri,
in nome della fede nel Figlio dell’Uomo, che ci ha riscattati
con il suo sangue prezioso, fratello, se puoi,
fammi comprendere”. “Un amore che non può nascere
né morire: hai compreso?”. “Non so, continua”.
“Che potrebbe gettarmi in un batter di ciglia
nella Gheenna del fuoco, se solo provassi
a respirarci dentro, a viverlo: che mi taglierebbe
le ali del canto, della devozione, del senno,
se non ne ascoltassi il messaggio, l’enigma”.
“Destino eccezionale, il tuo”. “No, pazienza
e orrore, sotto un velo di scherno, di niente”.
“Così rattristi lo Spirito”. “Per questo mi dolgo
di aver detto il poco che udisti”. “Non cambia
agli occhi del Padre, se goffamente
balbetti con l’amico ciò che è indicibile, o lo serri
nel buio solenne di un petto che attende la spada”.
“Meglio la solitudine polverosa, per me
e per te, credo”. “E per l’anima tua, e la mia, e quella
(perdonami se lo evoco) di lui?”. “Morirà
l’anima comunque, contemplando il nodo
o lasciandosene strangolare”. “Fratello, ti posso
chiamare così?”. “Nessun altro nome
tra noi ha corso”. “Ti stringo al mio cuore
lacerato dal peccato, confuso dalla giovinezza,
come il tuo”. “Non bere neanche una goccia
del vino che mi sta dissolvendo”. A quel punto
lo vidi piangere, dritto ed ardente,
e mi piacque il dolore di un uomo ben fatto,
uscito invidiabile dalle mani di Dio, sfregiato
da un intelletto di cristallo, da una virtù di cenere,
crocifisso tra la bellezza ferale della carità
e la musica luttuosa di tutte le nostalgie.

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