Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 26 agosto 2013

Le fiabe, ancora





Il racconto ʻAlī Bābā e i quaranta banditi come fiaba gnostico-ermetica. ʻAlī Bābā è l’anima mercuriale umile, prudente, accorta: i quaranta banditi (ḥarāmī, i “fuorilegge”, dalla stessa radice di ḥarām, “proibito”) sono gli arconti del Tempo (quaranta è il numero dell’attesa della rinascita, l’intervallo del digiuno, del viaggio nel deserto, dell’isolamento purificatore), che penetrano nella caverna del cosmo per utilizzarne i tesori; osservandoli nascosto nella chioma di un albero, ʻAlī Bābā carpisce le “parole di passo” che consentono di aprire e chiudere la porta di pietra, “Apriti, sesamo” – “Chiuditi, sesamo”. Il seme di sesamo è tra i più piccoli, immagine del quantum omeopatico di fede che smuove, trasmuta la pietra delle montagne, è come il puntino sotto la bā’ da cui è creato l’universo, è l’atomo da cui si estrae la potenza di mille soli, è la fonte di un olio caldo e sulfureo, è il seme di banyan della Chāndogya Upaniṣad. La serva Marjāna (“Corallo”, uno dei simboli della Pietra), sapida, salina, uccide i fuorilegge, consentendo al padrone di divenire il segreto possessore di tesori infiniti. Il fratello di ʻAlī Bābā, Qāsim, “Colui che distribuisce i beni”, nome di uno dei figli maschi del Profeta (tutti morti fanciulli), invidioso, impaziente e imprudente, dimentica la formula per uscire dalla caverna e viene ucciso e squartato dai Quaranta: la croce degli elementi lo trattiene nella morte, nell’abisso, è la parte dell’Opus e dell’anima che non sopravvive alla “morte seconda”, ma con il suo sacrificio nutre la prosperità dell’altro.

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