Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



domenica 20 marzo 2011

Di’esoptrou en ainigmati


A volte basta incontrare una frase semplice, intelligente e opportuna per gustare in modo inatteso un’intuizione metafisica mille volte ripetuta e accarezzata, che con quella non sembra avere se non un legame aereo e istantaneo, allacciato da un fato mercuriale. Così mi è accaduto con questa osservazione di Chesterton, il grande Apostolo del Senso Comune: “A quanto pare sin dai primordi dell’umanità tutte le nazioni hanno avuto governi, e tutte se ne sono vergognate. Nulla è più apertamente fallace della fantasia secondo cui in epoche più rozze o più semplici governare, giudicare e punire sembravano atti perfettamente innocenti e dignitosi. Queste cose sono sempre state considerate alla stregua di castighi della Caduta; come parte dell’umiliazione dell’umanità, di per sé cattive. Che il re non possa sbagliare non è mai stato altro se non una finzione legale; e tale è ancora”. Dopo averla letta, mi è parso di capire in modo un po’ meno astratto l’arcaica, l’immemorabile filosofia dell’immagine: tutto è immagine, tutto è visto e vissuto per speculum in aenigmate. Io non sono un padre: sono l’immagine di un padre (del Padre), per questo è bene ch’io sia trattato come se fossi un padre. Io non sono un uomo: sono l’immagine di un uomo (dell’Uomo). E amerò il prossimo mio come me stesso, come l’immagine infinitamente altra dell’identità che è più me di me stesso. Questo sguardo attento, sospeso, binoculare, non disfa il midollo della vita e non spegne la sua immediatezza, ma anzi trae i polpacci del viandante dai rovi delle passioni e rende più spedito, più ardente e leale il suo desiderio.

Nessun commento:

Posta un commento