Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 10 settembre 2010

Appunti dell'uomo di campagna davanti alla porta della Legge/5


Waw


Abramo riceve Isacco, il Sorriso di gioia incredula, Gesù riceve, nascendo, il frutto della sua promessa, della Promessa-Logos che egli è: l'inizio del Regno, del Cristo mistico, totale. Eppure per questo oportet il dono radicale di sé, la morte; non il farsi da parte, ma - scandalo - la croce degli uomini di Dio, sempre la stessa: il rifiuto del mondo, l'odio. Questo scandalo ha un culmine, imprevisto: l'abbandono da parte dei fratelli-figli-amici, e infine l'esperienza del non-senso, il grido: lemah, a che scopo? La fede di Gesù, tesa nella speranza e consumata nell'amore (che è anche e soprattutto fedeltà alla Promessa, a se stesso come Parola di redenzione), prospetta al suo Isacco, al suo corpo-comunità, la verità impossibile: "Dio stesso provvederà l'agnello" - "Il Figlio dell'Uomo risorgerà". Il sapere che è vero aumenta lo strazio che era tutto racchiuso nella fede nuda di Abramo: chi risorge è lo stesso-non lo stesso (secondo una formula comune a Eraclito e al Buddha), io in quanto io vado distrutto - Gesù è trasformato, diviene (Fl 2,8). Qui si innesta il tratto giuridico-giudiziario: Gesù, nella Promessa-Patto-Torah nuova, risponde per tutti, inizia per tutti; la responsabilità del membro-figlio legalmente si fonda sulla responsabilità del Figlio Unico (implicita nell'ebraismo), e insieme, attraverso l'imitazione di Lui e la partecipazione a Lui, è comunicata ai fratelli, è comune in virtù del rinnovamento in ciascuno del Patto di sangue (come la circoncisione). L'effusione dell'acqua di misericordia o spirito passa attraverso la ferita (il vulnus al Corpus giuridico) ed è mista al sangue del giudizio: Gesù viene per divinizzare tutti-tutto attraverso la sua immedesimazione col Patto, che legalmente lo carica di tutto il suo peso.

Zayin


La Croce non può darsi né senza la fede né senza la scienza. Di qui il ditelismo teologico: rapporto crocifisso tra gli schopenhaueriani "carattere intelligibile" (daimon) e "carattere empirico" (ethos), tra i vedantici atman (o Isha, o Cuore) e jivatman etc. L'uomo-uomo (irreale, caduto) sperimenta, conosce-vuole il dolore-dolore, la chiusura, lo iato tra il sé-persona-imago Dei-filialità e l'io-individuo-peccatore-servo ribelle; l'uomo-Dio, il mediatore, colui che porta l'asintoto biblico a negarsi-compiersi nell'infinito, conosce-vuole il dolore-libertà, il dolore che essendo puro è più di se stesso, è transito-mediazione, apertura-ferita che spezzando il cuore lo rende infinito, a misura divina.
La Croce è, ancora, all'incrocio tra tragedia e contemplazione: l'individuo non è né incluso nella teofania-mito, né lasciato cadere nell'epistrofè (la prima esperienza è immagine della seconda), ma patisce tutto ciò che lo limita-giudica in quanto io (il calice dell'ira), trovandosi, per la verità del suo conoscere-volere, là dove coincidono dolore e libertà, samsara e nirvana, limite e infinito.

3 commenti:

  1. Interessante - uomo di champagne... alle Porte [di Kiev] della Legge - che cadrà -

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  2. Per il Waw - Sunt in Nomine Dei Occulto Duo

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  3. Dici il Nome nascosto nelle pieghe della mezuzah?

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