Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 23 agosto 2013

Altercatio Concupiscentiae et Amoris


“Sai bene che, senza di me, non esisterebbe né il mondo dei corpi, né quello delle anime: non vi sarebbero né passioni, né impassibilità, né ventri gravidi di fanciulli, né destini gravidi di virtù. Quando si ama qualcuno, per ciò stesso lo si desidera: tu sei un ramo del mio albero immenso, e ti confondi con il resto della mia chioma. Perché non hai nemmeno un nome, ma sei un mio soprannome, un mio appellativo”.
“Non nego che l’amore superiore al desiderio nasca, sulla terra, dal desiderio: così il fuoco nasce dalla matrice di legno in cui giaceva occultato. Ma dal punto di vista del cielo, l’unico che conti per noi, che siamo idee divine o semidivine, è tutto all’inverso: io ti abbraccio come una coppa di vino forte e purissimo sommerge un grano di mirra, un puntolino d’amarezza, finché non diventi un aroma, un dono invisibile di nostalgia e attenzione, uno strano ingrediente della festa comune”.
“Capisco che il linguaggio ebbro ti serva a nascondere un illimitato dolore, una povertà inospitale e inospitabile: come altrimenti potresti reggere la tua vita di vagabondo perpetuo? Ma proprio in questo tradisci la tua origine dal mio grembo vergine e inesausto: non è forse desiderio ciò che ti getta sulla polvere, ciò che ti forza a tracciare ogni volta il sentiero inaudito, inaspettato, insospettato?”.
“Desiderio, sì, se si può desiderare senza oggetto: se si può desiderare l’assenza di desiderio”.
“Se anche ciò fosse possibile, caro il mio mistico dei quadrivi, sarebbe pur sempre desiderio. E comunque, spiegami, figlio bello e sfortunato: come si può desiderare senza oggetto?”.
“So che non ti piace ragionare senza carne di esempi e pane d’esperienze. Guarda laggiù, quell’uomo”.
“Chi, quel disgraziato che prega tenendo l’idolo del suo amato tra sé e l’icona di Dio?”.
“Lui”.
“Se c’è qualcuno sulla terra che desidera, è quell’idolatra impazzito, quell’impossibile servo di due padroni”.
“Ne ha due, ne ha uno, non ne ha alcuno”.
“E dagli con il fumo negli occhi!”.
“No, sto cercando di vedere e di farti vedere. Quel mortale con due gambe, quell’essere concepito nel modo che ben conosci, e che non sarò certo io a disprezzare, sebbene tu sia incline a credere il contrario, quell’idolatra, come lo chiami tu, ama il suo bello senza desiderarlo”.
“Che vuol dire? Che non vorrebbe averlo vicino, che non gli sta a cuore d’essere corrisposto, di ricevere da lui uno sguardo, un sorriso, una carezza?”.
“No, se lui non lo vuole. Ma neppure se lo volesse, e non lo vorrà mai, potrebbe muovere il suo desiderio”.
“E perché mai? Ha fatto un voto particolarmente severo? Chissà quanto deve aver peccato, da giovinetto!”.
“Ha fatto un voto, sì: il voto di essere devoto, di vivere alla presenza dell’amato, senza cercare nulla, senza rifiutare nulla”.
“Non era meglio, perdonami, riservare questi slanci all’Essere dipinto nell’icona, e lasciare all’idolo la dignità di pensieri più umani?”.
“Credo di capire ciò che intendi, e vi è bontà e giustizia nelle tue parole. Del resto, io non ti ho mai respinto, mentre sei tu che mi rifiuti e mi sbeffeggi”.
“Come! Io ti rifiuto e tu mi accogli! Ma se tu vai dicendo che ami senza desiderio, che è quanto dire facendo a meno di me, ed io invece non faccio che ricordarti la nostra unità, la nostra parentela strettissima, di sangue!”.
“Apparentemente, è così. Ma io non ti contesto: tu contesti me, e cerchi di convertirmi”.
“Convertirti! Ma vivi come meglio credi, figlio mio! Continua a vivere come quel romito allucinato, che si mette uno specchio davanti al corpo inginocchiato credendo sia una finestra per meglio vedere il volto del suo Dio!”.
“Proprio questo gli accade, invece, se desidera senza desiderare: se lascia che il suo cuore respiri e sospiri, gioisca e patisca senza attendersi consolazione e senza temere amarezza”.
“Quanti ‘senza’, non trovi? Non vi nutrirete solo di negazioni, vero? Altrimenti, è come ammettere che la radice, il positivo, è altrove: ovvero qui”.
“Non mi nutro di negazioni: non più di quanto se ne nutra un uomo che, per meglio vedere l’amico confuso nella folla, concentri i raggi dell’attenzione ed acquieti le potenze che potrebbero distrarlo”.
“E una volta che l’hai visto, l’amico? Lo lasci lì dov’è, o speri che ti raggiunga?”.
“Se desidero che mi raggiunga, e al tempo stesso desidero ciò che lui desidera, sono due desideri, sono uno, o piuttosto nessuno?”.
“Senti, facciamo così: raggiungi tu quel tuo amico solitario, laggiù, e cerca di trascorrere con lui un po’ di tempo in una conversazione più intima e calorosa. Siete proprio una bella coppia, non c’è che dire! Scusa, ma che vado delirando? Siete uno, non siete nessuno etc. etc. Io me ne andrò in giro nel gran corpo dell’universo, e canterò le mie canzoni con la solita ingannevole innocenza, i cui veli goffi e inesorabili, ne sono certo, ti atterriscono tanto da indurti all’annichilimento, a questo buio angosciato in cui arrivi a crederti il padre di tua madre”.

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