Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 3 agosto 2013

Peregrinus ubique





Avevamo appena fondato la nostra città, Roccabruna, alle pendici del monte sacro ai nostri maggiori: il giuramento era stato cotto dal fuoco del convito comune e degli olocausti, bagnato dal sangue, dal vino e dai fiati commossi; tracciato il perimetro, fondato il tempio, distribuite le terre alle famiglie – ecco che uno straniero dai lunghi capelli e dalla lingua di miele ci passò accantò e ci parlò dell’Eldorado. Devo spiegarvi che sogno l’Eldorado dalla mia prima infanzia: e l’ho visto, annusato, udito e assaporato sempre diverso, sempre nuovo, fluttuante e sicuro, con le sue rupi inconsuete ma franche, le sue leggi tenebrose e giuste, i suoi pinnacoli preziosi che tagliano il cuore in due, che straziano l’anima senza briciole di massacro, facendole respirare l’aria della saggezza compita. Ebbene, ci credereste? Non avevo ancora posato la prima pietra della mia fattoria, che decisi di partire con il viandante sconosciuto. I miei fratelli e sodali m’investirono con l’onda unanime della loro ira, della loro nausea, del loro rapito sgomento: qualcuno cercò di cancellarmi dalla memoria, qualcuno dalla terra. Non volli andarmene senza saldare il debito delle parole: “L’Eldorado non è e non sarà mai la mia città. L’Eldorado è un luogo di pellegrinaggio, in cui trascorrerò giorni difficili e benedetti, nell’attesa o nel presagio della mia vera patria, che non esiste senza di voi”. “Ma la tua patria è o non è quella che hai fondato sulle ossa dei tuoi maggiori, Roccabruna cara all’anima e al respiro?”. “La mia patria inizia a Roccabruna, passa per l’Eldorado, e finisce a Roccabruna. Ma dove sia l’altra punta del compasso, lo sa il Cielo. E non mi riguarda”. “Disprezzi la tua carne, la tua zolla. C’è bisogno delle tue braccia, qui, della tua gioia, del tuo orrore. C’è bisogno della fedeltà che ha il colore dei sassi, che ha il sapore dell’acqua”. “Sono nato per questo. E sono cresciuto per vedere l’Eldorado e tornare”. Non ci fu modo di trattenermi. La sposa e i figli mi salutarono con la stanchezza negli occhi, con un principio di disprezzo. Non dirò nulla del mio viaggio strano e delicato, della sorpresa quasi ridicola, delle lancinanti, misericordiose scoperte. Né racconterò la folgorazione, la decisione sabbiosa del ritorno, le tappe uguali e oltraggiosamente inattese, bagnate dalla rugiada di un silenzio di stelle, riarse da una fretta mondata di ogni inutile presagio. Ed ora eccomi di nuovo a Roccabruna, non più amato, non più odiato, libero dall’inquietudine: eccomi tra i miei, eccomi straniero come le zolle che coltivo, come i maggiori che venero. La mia sposa, riaccogliendo il mio peso di carne, porgendomi il pane, l’acqua e le vesti bianchissime, ha appena detto parole che non dimenticherò: “Io non vedrò mai l’Eldorado. Tu non vedrai mai Roccabruna: perché chi crede di vederla dall’orizzonte di un pellegrinaggio è incantato dai propri occhi, e dimentica i propri piedi, le proprie mani, il proprio ventre fecondo”.

Nessun commento:

Posta un commento