Mi chiamo, ancora per poco
credo, Marcello Del Pozzo. Stamattina, mentre mi radevo, sono morto. Probabilmente
avevo un problema al cuore, nessuno ci ha mai capito niente. Mi sono accorto di
essere caduto quando ho visto mia moglie che gridava sopra di me, come un
campanile scosso da un terremoto. Ho detto che l’ho vista: mi sembrava di avere
un occhio molto fluido e attento all’altezza della bocca dello stomaco, la cosa
mi è diventata subito familiare e piacevole. Avrei voluto dire a Francesca:
“No, non devi disperarti, che vuol dire essere qui, essere là...”, ma capii nel
giro di pochi istanti che parlare non era possibile né desiderabile. D’un
tratto fui colto da un’angoscia violenta, come quelle dei sogni, che non sono
impolverate da mille abitudini e considerazioni, e proprio per questo sono
qualcosa di denso e limitato, che rende la mente simile a un proiettile, con
una traiettoria rapida e precisa. Sono morto, mi ripetevo, sono morto:
Francesca scomparirà su un sentiero molteplice e strano, il cielo e l’erba si
ripiegheranno nel buio del mio cuore, i gatti, gli elefanti e i moscerini
avranno la stessa puntuale presenza, qui e da nessuna parte. Oh, ecco, pensai,
che solenne coglione sei stato – trent’anni di inezie grandi come galassie,
complicate come imperi, 364 mesi a masticare te stesso, per spremere questa
morte nel cesso, con la schiuma da barba sulle guance e la rasatura lasciata a
metà. Allora, come un commento fra due immagini, vidi una mosca posarsi sul mio
ventre. Che enigma, che portento, amici che respirate! Occhi immensi, verdi e
dorati, privi di tremori, ali d’ostia e di sepali, fortissime e delicate, un
corpo sontuoso e profondo che non si vergognava di sé, e faceva vergognare il
mio. Non pensai nulla, nulla di nulla, ma con la strana sicurezza che aveva
segnato, appena un paio di volte, gli incontri segreti della mia vita mortale,
la presi come guida, come destriero e maestro per il viaggio al quale solo il
minimo, il disprezzato e l’inutile mi avevano, nei crocicchi della mia
stupidità, soavemente, perdutamente preparato.
venerdì 2 agosto 2013
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento