Il 19 novembre
del 2032 fu pubblicata l’ultima enciclica di papa Pietro II, la Custos quid de nocte. Ad una prima
lettura sembrava densa e profonda come il De
pace fidei di Cusano; scrutata più attentamente, si tradiva insulsa e
superflua come un documento dell’ONU. Il pontefice, un ebreo romano di famiglia
ashkenazita convertitosi al cattolicesimo romano all’età di trent’anni, l’aveva
lardellata di considerazioni straordinariamente lucide, e vi aveva nascosto, un
po’ goffamente, del lievito profetico destinato a non far gonfiare alcuna
pasta. Trascorreva buona parte delle sue giornate nell’appartamento del Palazzo
Apostolico di Castel Gandolfo, sotto la veste della Madonna del Dolci, immerso
nella composizione di acrostici indolenti: gli inargentavano la solitudine un
vecchio amico, molto amato, e una anziana suora visionaria. Pochi mesi dopo,
nel febbraio del 2033, terminò l’Eone Cristiano, senza angeliche tube, senza
scoppi né piagnistei, come si addice ad ogni rivolgimento che affondi le radici
nella inesplorabile Caverna delle Madri.
sabato 3 agosto 2013
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