Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 3 agosto 2013

ἅσσα οὐκ ἔλπονται οὐδὲ δοκέουσιν





Il 19 novembre del 2032 fu pubblicata l’ultima enciclica di papa Pietro II, la Custos quid de nocte. Ad una prima lettura sembrava densa e profonda come il De pace fidei di Cusano; scrutata più attentamente, si tradiva insulsa e superflua come un documento dell’ONU. Il pontefice, un ebreo romano di famiglia ashkenazita convertitosi al cattolicesimo romano all’età di trent’anni, l’aveva lardellata di considerazioni straordinariamente lucide, e vi aveva nascosto, un po’ goffamente, del lievito profetico destinato a non far gonfiare alcuna pasta. Trascorreva buona parte delle sue giornate nell’appartamento del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, sotto la veste della Madonna del Dolci, immerso nella composizione di acrostici indolenti: gli inargentavano la solitudine un vecchio amico, molto amato, e una anziana suora visionaria. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 2033, terminò l’Eone Cristiano, senza angeliche tube, senza scoppi né piagnistei, come si addice ad ogni rivolgimento che affondi le radici nella inesplorabile Caverna delle Madri.

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