Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 2 agosto 2013

Oh tiempo tus pirámides





Najm al-dīn ibn Ḥasan al-Baghdādī, faqīh affascinato dal sufismo, di famiglia persiana con remote  ascendenze mazdee, fu sospettato più volte, negli anni della Miḥna, di essere un cripto-zindīq, un manicheo larvato da buon musulmano. Poeta squisito e convenzionale, giurista rispettato per l’equilibrio e la probità, per dissipare i dubbi pubblicò una ponderosa Risāla fī ‘l-nikāḥ (Trattato sul matrimonio) che intendeva essere un monumento all’ortodossia sunnita. Molti lodarono, con la solennità impaziente dell’invidia, l’ambizioso disegno dell’opera: tutto ciò che nella mistica era “accettabile” vivificava il paziente arazzo di commenti giuridici, amplificazioni esegetiche sobrie ed eleganti, citazione dotte e mai inappropriate. Solo il mukallim Yūnus Abū Raḥmān, un oscuro professore che alla sua morte lasciò un corpus inequivocabilmente ismailita, scovò nel capitolo sull’origine profetica del matrimonio un passo (da lui definito, in una lettera al Califfo, un “cenno d’intesa settario”) meno catafratto, più tenero e fluttuante, degli altri:
“...onde è evidente che le nozze, proprio in quanto rendono lecita e anzi santa la generazione, manifestano la volontà divina di volgere al bene ciò che di per sé sarebbe un male...”
Abū Raḥmān chiosò: “Se c’è qualcosa di evidente, in queste righe velenose come la coda dello scorpione e tortuose come la sua impronta sulla sabbia, è che il faqīh degli eretici sostiene la seguente tesi: il manicheo può salvarsi compiendo con un’intenzione occulta ciò che perde tutti gli altri; l’effusione del seme in un grembo, supremo fra i peccati per quei cani adoratori di Iblīs, viene redenta dal pensiero che lo sposo rivolge al suo gemello celeste disprezzando la sua sposa terrestre...”.
Al-Baghdādī fu allontanato da ogni carica, e sottoposto a pubblica umiliazione; Abū Raḥmān divenne uno degli eresiologi più stimati e temuti del suo tempo. Come sempre, tutti avevano detto la verità, e la menzogna, figlia prediletta dell’anima, aveva celebrato il suo illusorio trionfo.

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