Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



domenica 12 giugno 2011

Altra vacanza ad Elea


La palla-sphaira di Parmenide come aion, eterna aurora angelica, l’istante teofanico, la manifestazione (eon, Phanes) come Tutt’Uno sospeso alla possibilità negata del non-essere, unus mundus che è il volto, la forma esternamente limitata-determinata dai ceppi di ananke. Aletheia, la suprema posizione, è negazione-superamento ab aeterno del velo di Lethe, del non-ente come menzogna-separatività.
Il retto di uso di logos, la dizesis retta, conduce allo hen kai pân, e il suo sentiero è dominato da Peithò, dalla Persuasione che appartiene al corteggio di Aletheia-Afrodite. L’altro uso possibile di logos è la dialettica distruttrice, che sganciata dai vincoli di boetheia, del misericordioso aiuto (karuna), conduce alla negazione, al trionfo apollineo di un logos che si annienta nel tragico gioco di Gorgia (Zenone continua a stringere, come Arianna, il capo del filo).

Nell’aion, la ghenesis è l’apparizione eterna, thanatos è il limite di ananke, negatio negationis, il mutamento (kinesis) è l’unimolteplicità delle relazioni interne alla totalità (vedi Uspenskij sulla quarta dimensione).

La dualità come proiezione dell’individualità separata, e viceversa. L’aurora dell’essere viene così limitata alla luce della forma, che si contrae per la sovrapposizione ad un sostrato di tenebra-materia.

Seguendo il filo del ragionamento analogico di Fechner nel Libretto della vita dopo la morte, il concepimento può essere pensato come la morte del daimon/psychè, la IV dimensione che si contrae in un punto germinale; il sonno vegetale, il radicamento nella madre-terra, corpo “immediato” del feto. (Il primo stato è inconsciamente ciò che il terzo sarà, o almeno può essere, consciamente). Qui avviene la “costruzione” graduale del corpo del secondo stadio, manifestazione della “volontà” fetale (radicata nella madre).

Il divieto-dissuasione della “via” del non-essere è monito a non dare solidità-realtà al non-essere, a reincorporarlo nella sfera dell’eon come limite intrinseco, a non separarlo (dualismo della doxa) dalla scaturigine divina del logos (l’aion). Zenone, mistico dialettico, nega la negazione e apre indirettamente lo spazio di Aletheia.

Rapporto tra Empedocle e Parmenide. Se Afrodite-Philotes (ri)costituisce lo Sphairos ed è intima (phile) alle cose, e lo Sphairos è (corrisponde a) Aletheia, Neikos ha un legame con l’irrealtà, col non-essere, con la menzogna. Esterno alle cose, disgregatore, è il volto oscuro di ananke, è il giuramento degli dèi sulle acque dello Stige (cui Empedocle fa cenno in un passo del poema). Oppure parlare della physis, dei suoi cicli, del suo opus alchemico, implica l’ammissione del non-essere nel logos (come antagonista da vincere, da ricondurre al suo nulla); implica cioè un logos in qualche modo (più) illusionistico-artistico, che accolga in sé la māyā, o la accolga in modo più strutturale e meno ironico?

Qual è la portata etico-politica dell’insegnamento di Parmenide, legislatore del logos e della polis? Il pathos aristocratico sembra addirittura eccessivo, ben più che nei pitagorici: il sapiente-reggitore è uno sciamano, un eletto, uno che è andato al di là dei sentieri dei mortali e ha incontrato la Dea senza esserne letteralmente annientato. Eppure il logos che addita è un nomos: se le doxai sono apparenze solidificate, costruzioni dell’abitudine e del costume, i dokounta sono le parvenze aurorali, ed è necessario esaminarle, verificarle, dokimâsai, come si fa coi ragazzi che accedono all’efebia, con gli stranieri che ambiscono a diventare cittadini e con i cittadini che vengono segnalati per pubblici uffici. Tra l’esperienza misterica e regale-sacerdotale (il cuore che non trema di Aletheia perfettamente sferica) e le doxai instabili, soggette ai soffi delle passioni individuali e collettive, media il retto logos: dokimâsai ta dokounta, sottoporre a pubblico esame le apparenze, in modo da cogliere le opere umane nell’orizzonte dell’eterna presenza, alla luce della Manifesta. Così, muovendo nella sua ricerca, nella sua quotidiana dizesis, tra unificazione (synistamenon) e molteplicità (skidnamenon pantos pantei kata kosmon), tra archesthai e higmai (diexodos/epistrofè), il logos, l’uomo, non dimenticherà (a-letheia) l’aion in cui l’eon è contiguo all’eon – ovvero il presente in cui ogni cosa è presente a ogni cosa e a tutto.



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