Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 8 ottobre 2013

Due brutalità





Re Lear morituro, dopo il grido della sventura consumata, gustata con tutti i sensi: “Pray you, undo this button. Thank you, sir” (Per favore, mi slacci il bottone. Grazie, signore)
Frase finale dello Stemma della città, di Kafka: “Tutte le leggende e i canti formatisi in questa città sono pervasi dall’attesa di un giorno promesso in cui la città sarà spianata da un pugno gigantesco con cinque colpi in rapida successione. Perciò nello stemma della città figura un pugno”.

La brutalità rinascimentale, elisabettiana, è il fermento, l’effervescenza del fiume degli Inferi, dello Stige, temporaneamente (ma radicalmente) prosciugato e bonificato dal fuoco dello Spirito cristiano.
La brutalità del secolo ventesimo è il meccanismo sadiano, sempre accompagnato dalla propria giustificazione, in cui però sussulta ancora, come un tremito iniziale di catastrofe, d’incendio, d’embrione, l’inquietudine profetica, la spaventosa debolezza (ira dell’agnello) dell’attesa abramica.


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