Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



mercoledì 30 novembre 2011

La creazione dell’Uomo


Bereshit Rabbah VIII,5:
“Rabbi Simon disse: Quando il Santo – sia benedetto – venne a creare il Primo Uomo (Adam ha-Rishon), gli angeli ministranti (mal’ake ha-sharet) si divisero in gruppi e fazioni. Alcuni di loro dicevano: Non sia creato, altri: Sia creato, così com’è scritto: Grazia (Chesed) e Verità (Emet) si scontrarono, Beneficenza (Tzedeq) e Pienezza (Shalom) si armarono l’una contro l’altra (Sal 85,11). Grazia diceva: Sia creato, perché compirà opere di grazia; mentre Verità diceva: Non sia creato, perché non sarà altro che un cumulo di menzogne. Beneficenza diceva: Sia creato, perché farà opere di beneficenza; Pienezza diceva: Non sia creato, perché non sarà altro che scissione. Che fece il Santo – sia benedetto –? Prese la Verità e la gettò a terra, così com’è scritto: E gettò la verità a terra (Dn 8,12). Dissero gli angeli ministranti al cospetto del Santo – sia benedetto –: Signore dei mondi! Perché disprezzi il tuo sigillo [o: il tuo mastro cerimoniere]? Che la Verità risorga dalla terra, così com’è scritto: La Verità germoglierà dalla terra (Sal 85,12).
I nostri maestri dicono quanto segue a nome di R. Chanina, mentre R. Pinchas e R. Chilqiya lo dicono a nome di R. Simon: Me’od [lett.: “molto”] è lo stesso che Adam [Uomo], così com’è scritto: E Dio vide tutto quel che aveva fatto, ed ecco, era molto [me’od] buono, ovvero: ed ecco, l’Uomo [Adam] era buono.
R. Chuna il Vecchio di Sepphoris disse: Mentre gli angeli ministranti discutevano e disputavano gli uni con gli altri, il Santo – sia benedetto – lo creò. Disse loro: Che cosa discutete? Ormai l’Uomo è fatto!”

Il midrash medita immaginativamente la creazione di Adamo, dell’Universo, Micro-Macrocosmo.
Dio consulta gli angeli, ovvero i suoi Nomi, essenze non-esistenti, relazioni immanenti al suo pensiero. Il loro confronto è quello dei possibili in Leibniz: tutti i possibili presenti nell’intelletto divino tendono all’esistenza, ma solo quelli compossibili possono ricevere da Dio, con un atto della sua saggia volontà, la luce dell’esistenza, del wujud.
Contrasto tra gli angeli: Ibn Arabi osserva che gli angeli, forme separate, esseri puramente intellettuali, temono la rivolta nell’uomo e la mettono in atto per primi; la proiettano su di lui, o meglio, essendo gli angeli le facoltà, le potenze sottili del Macranthropos, la loro rivolta si rispecchia in quella dell’Adamo. La citazione del Salmo appare stravolta: i Nomi secondo la lettera si incontrano e si baciano (nell’alfa e nell’omega, nell’archè e nell’eschaton), secondo il derash si scontrano e si armano gli uni contro gli altri (sulla soglia del tempo, della creazione).
Verità (Emet) e Pace-pienezza (Shalom) contro Misericordia-Grazia (Chesed) e Beneficenza (Tzedeq). Verità, come Iblis, preferisce che il mondo non sia: è la fedeltà all’Uno Immanifesto, il Sigillo di Dio nella Sua indipendenza dai mondi; è il Giudizio che distrugge preliminarmente, essenzialmente, ogni contingenza, la Necessità – ma l’esistenza del mondo, del kawn, è contingenza, è necessità condizionata, necessità in alio, non-essere illuminato dall’Essere divino. L’essere del mondo è l’assurdo sentito da Sartre con nausea. Se Emet è l’inesistenza, l’immanifesto principiale, Shalom è la Pienezza finale, di fronte alla quale il mondo è in ritardo, è ritardo (Mulla Sadra).
Iblis non si prostra al cospetto dell’Uomo perché non congiunge Unità e Molteplicità, non concepisce l’amore, il Soffio di Misericordia: Allah gli ricorda che l’Uomo è stato creato dalle due mani di Dio, da Giudizio e Misericordia, Unità e Molteplicità, è il ponte tra l’eterno e l’effimero, conosce e dà i nomi alle cose in quanto khalifa di Dio, mediatore. Iblis nega la mediazione. (Conoscere e dare i nomi è foggiare le essenze, creare il mondo con il logos e il linguaggio, il verum est factum: segno di debolezza, di vicinanza a Maya e alla materia rispetto alla pura intuizione angelica, ma anche di vicinanza al punto di inizio dell’epistrofè, poiché nella mente umana le cose ritornano a Dio, vengono trasmutate).  
Associazione Adam-me’od (tov me’od, “molto buono”, detto solo dopo la creazione dell’uomo): in un altro passo me’od è accostato allo yetzer ha-raʻ, alla libertà. Una volta creato l’impulso al male, l’immaginazione del male, l’attaccamento mondano come fermento che solidifica l’ego, la lode dell’essere diventa ad un tempo più difficile e più alta: il “molto buono” non è il kalà lian che indignava Schopenhauer, ma un grido dionisiaco (che avrebbe scandalizzato Schopenhauer). 
Dio getta Emet sulla terra: in altri midrashim allontana dagli angeli – e da sé – la visione del male, degli uomini malvagi che corrompono l’essere creato. Una sorta di brusca confutazione, di brutale argumentum ad hominem, ma anche una Unterdrückung intradivina, un’automutilazione della coscienza divina. La caduta di Emet anticipa quella dell’Uomo: è una umiliazione che rende possibile lo tzimtzum. Ora gli angeli chiedono unanimi che Emet venga fatta risorgere dalla terra, speranza messianica – ed è appunto questa l’opera dell’Uomo. [Citazione di Daniele: visione apocalittica del Tempio profanato dal capro, che sostituisce la trasgressione al sacrificio quotidiano e getta a terra Emet, la fedeltà-verità; questo atto avrebbe il suo esemplare e archetipo nella creazione dell’uomo, simile quindi a una profanazione, a una distruzione del Temenos preesistenziale. Citazione del Salmo: la verità risorgerà, risalirà, ritornerà – verbo ʻalah – dalla terra, dall’umiliazione-umiltà, dal punto più basso, de profundis].
Mentre gli angeli continuano a dibattere, Dio crea Adamo. Non essere vince ogni logos, dice lo stasimo sofocelo – e pensa Emet: la creazione è un moto di volontà-amore, è Maya come libertà divina e illusione, pone un ostacolo, determina una contrazione affinché vi sia manifestazione, affinché l’intimità e la profondità essenziali si comunichino, si sacrifichino ‘in vista’ dell’Unità finalmente realizzata, perfetta, in pieno possesso delle proprie articolazioni e complessità e della propria semplicità sovraessenziale.        

Il polemos del mondo-Adamo ha la sua radice nel conflitto tra i possibili-idee-dei-angeli: l’Essenza si determina nell’unimolteplicità dei Nomi, del Nous, creazione primordiale, in cui domina la pace, l’assenza di phthonos, solo nella sospensione della contemplazione principiale; nel rapporto con la creazione degli individui reali, ovvero nel desiderio di manifestazione dei Nomi-Attributi, si scopre che omnis determinatio est negatio, ciascuna delle idee divine riceve l’essere in un’interdipendenza che è conoscenza-ignoranza, velo-rivelazione, bisogno reciproco e lotta per l’affermazione. 

La Verità, la Necessità è il sigillo di Dio: in sé sterile, contraria alla creazione, si imprime come un timbro su ogni creatura, su ogni contingenza, riconducendola al proprio nulla e al Nulla divino. La sua opposizione archetipica alla creazione la rende sigillo della de-creazione, la sua fedeltà alla preeternità (come Shalom, Pienezza, è fedele alla posteternità, all’Eschaton) la rende vincolo del finito e limite intrinseco alla sua finitezza.

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