Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 13 aprile 2010

Corrispondenza sulla morte/4


Sì, vaghiamo nel buio in attesa della nascita vera ma, come per il feto, si tratta di un’attesa densa, ricca, magnetica: traiamo nutrimento da un ventre cui siamo legati così confusamente da non riconoscerlo mai, o quasi (e ogni riconoscimento, ogni differenziazione, ogni piccolo svezzamento è una piccola morte, una piccola preparazione al grande parto); siamo radicati come piante, mobili e cercanti come animali, sognanti e smarriti come uomini. Ed ogni morte-nascita è un ritorno a casa sulle vie dell’alterità, del non-sapere, della sorpresa, del timore. Una delle poesie che più intimamente ha percosso e rivoltato gli strati della mia memoria spirituale è Elogio dell’ombra di Borges: nel giro di pochi versi, il vecchio dichiara con dolce serenità la percezione del ritorno che accompagna il suo accostamento alla morte (l’ombra della cecità, iniziazione alla morte che il destino gli ha donato, con tremenda sollecitudine, negli anni della prima maturità) e suggella la conversazione dell’anima con parole magnifiche: Pronto sabré quién soy. Presto saprò chi sono. Poiché ‘saremo’ davvero noi stessi, passeremo – passiamo – nel fuoco purgatoriale che consuma ogni ingannevole identificazione: avremo la nostra vita nella pienezza multidimensionale della sua destinazione prima e ultima. Il protagonista di un romanzo di Chesterton dice che rifiuta di venerare l’Infinito, l’Assoluto senza determinazioni, l’Uno-Tutto del panteismo, perché sa-crede che oltre il fiume della morte lo attendono, in un modo che però lui non può prevedere, anticipare, il lampioncino, la buca delle lettere, il giardino della casa sua e di sua moglie. In un senso (forse) diverso da Chesterton, anch’io lo penso: oltre l’iniziazione, oltre la porta dell’utero mortale, siamo-saremo più noi di noi stessi, anche se – dice Borges – lo ‘sapremo’ al momento giusto. L’amico di Florenskij, Ivanov, riassumeva questo itinerario nel motto: a realibus ad realiora; ci muoviamo da cose reali verso cose più reali. Ci muoviamo verso un’altra nascita.

Nessun commento:

Posta un commento