Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 5 aprile 2010

Ut unum sint


Di giorno in giorno aumenta il numero delle persone per cui prego: un piccolo tesoro in crescita aritmetica, che conto doblone per doblone. Se continua ad ingrossarsi così, tra poco non mi basteranno i viaggi in autobus o in metro (non prego più né in chiesa, né in ginocchio), le soste nei giardini pubblici, le ore immobili della malattia. Forse non mi basteranno più le ore – le ore del giorno e della notte, della salute e della malattia – anche se incontro e frequento sempre meno persone: non ho bisogno che di un racconto, di una voce, di un nome. Questa folla di anime e corpi non si ridurrà mai a “tutti”, quantificatore logico che traveste la pienezza del santo o l’impazienza del sognatore: la sua molteplicità è un peso, una somma, pur essendo anche una comunità, una famiglia, un’amicizia, cioè una forma vivente, dove in ognuno sfolgora l’Uno. Ma la mia colpevole debolezza di orante mi fa sentire la fatica, la proliferazione immaginaria del loro, del nostro dolore, del nostro dolore e della nostra gioia, crescenti, sorgenti in montagne di luminoso spavento: mentre ogni dolore, ogni gioia, è il dolore-gioia dell’Adamo, di ciascuno-tutti, è comune proprio perché non si accumula, ma si rastrema a seme e gioiello.

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