Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 3 aprile 2010

L’ultimo scandalo di Paris Hilton


Caino, Qayin, “colui che è stato acquisito, acquistato”, primo figlio di Adamo ed Eva dopo che ebbero mangiato del legno dell’esperienza buona-e-cattiva e furono esiliati, manifesta sulla terra della caduta e della prova la tendenza al frutto dell’atto (frutto a sua volta del frutto assaggiato); insomma la tendenza egoica, l’ego, il desiderio-io come desiderio di iniziazione, come voler-essere. Egli sarà “servo di adamah”, dell’humus: avrà un vincolo di destino col tempo, il radicamento, l’origine, l’incarnazione.
Abele, Havel, “soffio”, manifesta al mondo l’anima nella sua nebulosa e angosciata verginità principiale, che racchiude come in sogno la complessità e la crudeltà: è figlio della ricca ambiguità della coppia antelapsaria, nuda-sapiente, caotica-piena (come Enkidu nel poema di Gilgamesh), spazio di possibilità traboccanti in cui si acquatta il serpente, anch’esso nudo-sapiente, energia psichica che attende nelle latebre per deflorare l’illibatezza primordiale di Adamo-Eva. Abele sarà “nutritore – e uccisore – del gregge”: il seme dell’erraticità si proietterà e incarnerà, capovolto di segno, nel destino del fratello maggiore.
Necessità tragica di Caino. Stavolta il “tentatore” è YHWH, con quel suo breve discorso sulla bilancia magica e rituale: “se operi bene – per il bene – se ti va bene”; sventura, colpa e disattenzione sono legate in un fascio eminentemente arcaico, come nella tragedia greca. Ate è in agguato, è già iniziato il samsara, la scissione/oscillazione del desiderio di Eva e del dominio di Adamo. Vampiricamente, Hattat (la Contaminazione) brama Caino come la femmina il maschio, e lui è solo nello sforzarsi di signoreggiarla.
L’omicidio è l’orribile rivelazione della vastità del mondo psichico. Il getto di damim, “sangui”, grida perché dam è nefesh, il soffio vitale: la conoscenza distruttiva irrompe e cattura, genera l’ignoranza (il lo yada‘ti, “non lo so”, del v. 9 è sincero); e l’humus magico si fa vampiro, parla la voce dei morti (del Morto, già profeticamente moltiplicato nei suoi “sangui”), beve l’essenza psichica sgorgata e la ritorce contro il sacrificatore, tabuizzato. Il rito fertilizzante è un obbrobrio, come l’incarnazione/iniziazione è una maledizione. YHWH è anche il Demiurgo soggetto a stupore e ignoranza degli gnostici (mah asita, “che cosa hai fatto”, è piuttosto una domanda che un’esclamazione) ed è l’Iniziatore/Iniziato: come dice giustamente il serpente, è stato Lui per primo a mangiare il legno dell’esperienza buona-e-cattiva.
Nel midrash Abele non è una vittima passiva e muta: la sua morte è l’esito di una lotta, di una separazione dei beni tra fratelli, del prototipo di tutte le aporie dei confini (confini delle identità, degli ii, prima ancora che della terra e della roba). Caino risponde all’interrogazione di Dio con rabbioso dolore impotente: “Sono io – Anokhi – il custode di mio fratello?”. All’esegeta non sfugge che Anokhi è pronome enfatico usato soprattutto da Dio: con la sua possente ridondanza, infatti, si aprirà il Decalogo. Caino dice: sei Tu lo shomer, la sentinella, il custode, colui che veglia su mio fratello; io sono impastato di ignoranza, di sogno. L’omicidio è stato commesso in sogno; ed è troppo grande da portare la mia colpa-la mia pena (awonì significa entrambe le cose). Supera l’uomo, l’io: solo Dio può portarla.
Caino entra nel mondo dell’error di anima, del suo sogno illimite: la terra, il limite, l’origine si ribella e resiste, respinge. La terra dell’iniziato sarà Eretz Nod, la Terra dell’Instabilità, dalla radice N-D-D, legata al mestruo, all’erranza lunare del sangue versato. Dio apporrà su di lui un segno (ot) di protezione: la tragedia vuole che il vendicatore si implichi sempre di più nella colpa. Non è lontano Lamekh, col suo “settanta volte sette”: l’illimitato di anima diventa l’illimitato della forza, quello del discorso degli Ateniesi ai Melii, quello di De Sade che si vendica sul limite dei corpi dell’impossibilità di soddisfare il desiderio.
Caino inizia la sua perenne teshuvah, che finirà insieme a quella del cielo e della terra. La sua teshuvah è la galut, l’esilio. Stupendamente, la tradizione ebraica lo considera l’autore del vertiginoso salmo 139: l’omicida è segregato dalla faccia di Dio solo per trovarlo disperatamente ovunque, condanna e protezione, giudizio e misericordia, tribunale e luce.


P. S. Ovviamente, chiunque abbia avuto la bontà di leggere il post ha scoperto senza troppa fatica che si tratta di una nota esegetica sul Caino biblico e midrascico. Il titolo e l’immagine sono un nobile ma puerile tentativo di attrarre al padre e fratello di tutti gli uomini i più ardenti e sinceri amanti del gossip.

Nessun commento:

Posta un commento