- Adamo, dove sei?
- Non lo so: sono forse io il custode di mio fratello?
- Hai sbagliato versetto: tu non hai un fratello!
- Dunque sono io mio fratello: e nessuno è il mio custode, se non tu!
- Come scusa è molto fiacca. Se io sono il tuo custode, sono anche colui che freme per il tuo smarrimento.
- Se tu fremi per il mio smarrimento, perché non mi segui nel mio smarrimento?
- Se ti seguissi, non potrei custodirti. Tu mi cercherai dappertutto e mi troverai dappertutto; e io soffrirò con te, lontano da te.
- Perché lontano? Quale maledizione ti impedisce di accostarti alla mia colpa, di entrarci? Quale necessità mi impedisce di far cantare la tua parola nei miei gesti e nei miei passi?
- Nessuna maledizione, nessuna necessità.
- Ho dunque peccato per errore, per caso, per gioco?
- Tu lo dici.
- Ma dico il vero oppure no?
- Come puoi dire il vero, adesso? E chi può dire il vero, adesso?
- Come, Signore, Creatore, nemmeno tu?
- Lasciami un po’ solo, Adamo.
- Signore, dove sei?
- Ma non capisci? Nessuno potrà dire il vero, Adamo, nessuno potrà dire il vero...
- Signore, che sfacelo, che orrore!
- No, non capisci... È per questo che tutto è stato, che tutto è. Allontanati, la verità non si potrà dire, la verità si potrà solo fare.
- E come farò, come faremo?
- Allontanati, Adamo, io mi allontano. Ricordati di me e del giardino. Quando guarderai Eva, la sera, dopo la fatica e il pane, inizierai ad accumulare qualcosa, a patire qualcosa, inizierai a non potere; a non poter fare a meno. Ma ora va’, Adamo.
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