Re Lear morituro, dopo il grido
della sventura consumata, gustata con tutti i sensi: “Pray you, undo this
button. Thank you, sir” (Per favore, mi slacci il bottone. Grazie, signore)
Frase finale dello Stemma della città, di Kafka: “Tutte le leggende e i canti formatisi in questa città sono
pervasi dall’attesa di un giorno promesso in cui la città sarà spianata da un pugno
gigantesco con cinque colpi in rapida successione. Perciò nello stemma della
città figura un pugno”.
La brutalità rinascimentale, elisabettiana, è il fermento, l’effervescenza
del fiume degli Inferi, dello Stige, temporaneamente (ma radicalmente)
prosciugato e bonificato dal fuoco dello Spirito cristiano.
La brutalità del secolo ventesimo è il meccanismo sadiano,
sempre accompagnato dalla propria giustificazione, in cui però sussulta ancora,
come un tremito iniziale di catastrofe, d’incendio, d’embrione, l’inquietudine
profetica, la spaventosa debolezza (ira
dell’agnello) dell’attesa abramica.
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