Per
Emanuele
Ambarabà-ciccì-coccò,
tre
civette sul comò
che
facevano l’amore
con
la figlia del dottore,
il
dottore si ammalò,
ambarabà-ciccì-coccò.
Le tre civette: la civetta, il
gufo, compare nell’iconografia delle antiche dee della sapienza, come Iside e
Atena. Rapace che vede di notte, e ovvio simbolo lunare: la luna come specchio
che riflette l’inguardabile, l’invisibile Sole, ma specchio profetico, prensile, magico, com’erano
appunto gli antichi specchi di rame (materia venerea, profetica, magica, legata
al serpente nel mondo mediterraneo). Le tre civette potrebbero essere i tre
volti della luna e della dea. Ritornano, insieme allo specchio, negli episodi
di Till Eulenspiegel (Gufo-Specchio), il mercuriale personaggio della Germania
medievale, buffone e mago.
Il “comò” della filastrocca
potrebbe appunto alludere allo specchio, alla specchiera davanti alla quale si
fa toeletta – e si incontra il proprio sguardo, lo sguardo dell’alter ego,
sperimentando ogni mattina il brivido da cui nasce l’universo. Nel mito isiaco
lo specchio è sapienziale e magico insieme: le operazioni magiche si avvalevano
spesso dello specchio o della sfera di cristallo, anche se nel secondo caso il
mago attendeva che la pura diafanità si animasse di rivelazioni, mentre nel
primo la transe era provocata dal proprio straniato riflesso.
La figlia del dottore “fa l’amore”
con le civette: si tratta probabilmente di Venere, la stella del mattino, che
intorno all’equinozio di primavera viene vista amoreggiare con la Luna nel suo
aspetto maschile di Lunus. Il dottore, il Sole, si è ammalato d’inverno: la
conta, “ambarabà-ciccì-coccò”, modula sulle dita della ‘mano filosofica’ il
cammino di morte e resurrezione del Luminare Maggiore nel suo momento di
massima crisi, al nascere del nuovo anno (zodiacale).
Ninna-nanna,
ninna-ò,
questo bimbo a
chi lo do?
Lo darò alla
Befana,
che lo tenga una
settimana.
Lo darò all’Uomo
Nero,
che lo tenga un
anno intero.
Lo darò al Bambin
Gesù,
che lo tenga un
giorno in più [variante caduta in disuso in tempi recenti: “Che lo tenga e non
lo porti più”].
La ninna-nanna, come ha confermato con i suoi
studi Marius Schneider e come chiunque può intuire senza bisogno di documenti,
inizia il bambino ai misteri della catabasi nel sonno-morte, identificandolo
con il Sole fra l’equinozio d’Autunno e il Solstizio d’Inverno. La culla
dondola come la nave della morte sul fiume infernale.
Si affida anzitutto il piccolo alla Befana, che
alla festa delle Luci, l’Epifania del piccolo Sole o Re del Mondo, segna il
transito dalla Terra-Luna ormai invecchiata al nuovo anno lunare: terrà il
bimbo per una settimana, tempo simbolico della ri-creazione del mondo, come i
Giorni del Timore nel calendario ebraico fra il Capodanno e Yom Kippur. A
questa prima morte segue la seconda: dal limbo si discende nell’Ade vero e
proprio, dove regna l’Uomo Nero, Hades appunto. Un anno è la durata simbolica
delle pene nel Gheinnom per la tradizione ebraica, ed è un intero ciclo solare.
Al termine del descensus l’iniziato è
pronto per essere consegnato al suo gemello celeste, che lo tiene un giorno in più, ne sa una più del
diavolo (dell’Uomo Nero), l’Unum Necessarium.
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