Mulla Sadra Shirazi dice che i maestri
orientali e occidentali, quando parlavano di trasmigrazione delle anime (tanasukh), non intendevano la loro
letterale dislocazione da un corpo fisico all’altro, ma la loro acquisizione di
un corpo immaginale, sottile, corrispondente alle azioni e alle intenzioni
della vita terrestre, di cui diventano consapevoli all’ingresso nella
dimensione angelica del Malakut, l’“esoterico”
della dimensione visibile-tangibile, il Mulk.
Così ci è forse offerta una
chiave per comprendere l’eros immaginale degli antichi e soprattutto dei
medievali, che sanzionavano fermamente l’adulterio, fisico e legalmente
imputabile i pagani, anche fantasticato o interiormente nutrito i cristiani. L’“amore
libero” moderno è letteralistico: ad ogni innamoramento segue un ‘cambio’ di
corpo, la trasmigrazione (riduttivamente intesa) da una scena di vita all’altra,
anzi, da una vita all’altra. Ma il trovatore medievale o l’erastes platonico sapevano che l’esistenza visibile è una sola ed è
intessuta di riti, mentre il desiderio e la fede del cuore costruiscono il
corpo dell’altro mondo, del mondo immaginale: l’amore ‘altro’ non conduceva
necessariamente al dilemma dell’appagamento adulterino o della sterile
repressione, perché la sua destinazione non era nei sette climi del mondo misurabile
dai sensi grossolani, ma nell’Ottavo Clima, oltre la montagna infuocata del
Purgatorio e, in finem, oltre la
spera che più larga gira.
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