La sapienza sciamanica greca
insegna che sono di corno le porte da cui giungono ai vivi i sogni veridici,
trasparenti epifanie del mondo divino, d’avorio quelle che lasciano passare i
sogni fallaci. Il corno è residuo di materia spirituale edenica, che si rinnova
come le unghie, come l’immaginazione attiva; l’avorio è rigido, permanente, e
deperisce lentamente, come l’immaginazione passiva (passiva ai sensi). I sogni
veridici sono limpidi riflessi del mondo angelico, divino, immaginale: per essi
vale l’intuizione di Florenskij, quella del tempo capovolto, in cui l’effetto
precede la causa; i sogni ingannevoli, confusi (in arabo coranico aḍghāt aḥlām), provengono dai Mani, sono
frammenti di veglia rimasticati, semidigeriti, ombre passive, infette, e
tuttavia anche in essi l’emozione e l’anima precedono il corpo, la forma,
attestano quindi un principio di creatività, un impulso alla revisione
interiore, urgono confusamente all’azione, all’energheia.
Enea accede al mondo immaginale,
al mondo infero, attraverso la porta di corno: la trance, l’assorbimento
meditativo profondo gli fa percorrere a ritroso il cammino stesso delle
immagini oniriche. Ritorna poi alla veglia, alla coscienza dualistica, ordinaria,
attraverso la porta d’avorio: forse non c’è allusione né all’irrealtà della nekiya, né a quella del mondo materiale,
ma all’idea che l’ingresso dell’anima nel mondo materiale si accompagna
all’ombra dell’immaginazione passiva, al turbinare frammentario degli accidenti.
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