Bloy: il denaro è il
Sangue del Povero, cioè di Cristo. Mercurio fluente, correlativo del desiderio
illimitato, astrazione che valica le distanze: il denaro nasce con l’autonomia
del logos, erode la sussistenza e la terra, la fruizione e la pace comunitaria,
come il logos filosofico erode la percezione poetica della singolarità, del
concreto, la terra pura della mente umana. Il cambio, la finanza è l’elenchos
del denaro: trattato come merce senza esserlo, di fatto crea valori, deforma il
tempo, sconvolge la rettitudine economica arcaica facendo dell’egoismo e
dell’inganno motori di progresso, di estensione del mondo e del benessere. Elenchos
perché è al contempo l’incantesimo supremo e il disvelamento, l’apocalisse
dell’incantesimo.
Il denaro: onnipossibilità
che si finge onnipotenza.
Sangue, mercurio
originario, getto della mente creatrice: il Figlio come uscita dal Padre, e
come fondatore e fondamento della Chiesa. La Chiesa custodisce il deposito
della fede, il pegno della speranza: è una banca, un istituto di credito. Gesù
esorta a trafficare i talenti, la fede si basa sempre sulla certezza di un
possesso virtuale, di un capitale. Il fedele deve imparare l’astuzia dei figli
delle tenebre, trasferirla al rapporto con Dio e con i fratelli, trasfigurata.
D’altronde, se il denaro è il sangue di Gesù, il sangue di Gesù è la vera
moneta corrente dei cristiani: tra fratelli l’uso del denaro andrà ridotto al
minimo, come l’uso della morale astratta, che distanzia il fariseo e il
sacerdote dal giudeo mezzo morto nella polvere. La moneta del tributo, il
denario, è un pezzo di materia, creata da Dio per glorificarlo nel culto, su
cui un principe ha stampato il suo nome e la sua iscrizione: si restituisca al
principe la magia che ha creato – pagandogli il tributo e basta, eventualmente
– e si restituisca a Dio ciò che Dio ha creato, l’impronta divina sulle cose e
sull’anima, una volta che ci si è liberati dalla catena sottile del tributo.
Il denaro è il sangue
del povero anche nel senso che un’economia fondata sul denaro è fondata, di
fatto, sull’esistenza dei poveri. L’eccesso di commercio sradica la comunità
come sradica i beni, l’eccesso di denaro rende possibile l’usura, una società
di salariati o di datori di salario, una società in cui la spremitura del povero
è il rituale centrale. L’avidità, dice Bloy, è il peccato specifico dell’età
del Figlio: un peccato contro la speranza, dunque contro la fraternità. Legame
tra commercio, imperialismo, perdita delle qualità locali, ‘vernacolari’,
comunitarie.
Il sangue del corpo
sociale è l’immaginazione, che nel denaro si fa idolo. Lo Zahir di Borges: lo
scintillio del possibile che avvince più di ogni catena. Una anonima banconota
trovata per strada: è la forza coagulata di milioni di immagini. Non più la
luce minerale dell’oro e dell’argento ci incanta, né la moneta tonda come il
sole e la luna, ma un pezzo di carta, un’assicurazione, qualcosa di assai più
sfacciatamente ermetico. E oggi sappiamo tutti, vagamente, che dietro non c’è
nulla, ‘se non’ il magico samsara dei debiti e dei crediti, il gran
gioco che è sangue e ci succhia vampiricamente il sangue.
Parlare con un povero
è parlare con un essere esangue, spettrale, con un morto che cammina: ogni
battuta sarà un esorcismo complicato ed inconscio, una manovra preservativa.
Artaud, lo stregato, il reietto, sentiva paranoicamente che i borghesi si
riunivano, come i malvagi incantatori dei salmi, per sottrargli cibo e sostanza
– per nutrirsi di lui. Non è nient’altro che una messa nera, perché non vi è tertium
fra la messa nera del divorare la carne e tracannare il sangue del fratello e
l’eucarestia o resa di grazie per il sacrificio del Fratello celeste e
terrestre, che deve innestarci come tralci nella mistica Vite. Finché vi è
miseria, intima ed economica, Cristo è sulla croce, il bodhisattva velato nel samsara,
il tempo e lo spazio aperti nell’angoscia di un’attesa breve come la perennità.
“Ma
devo pur vivere” “Non ne vedo la necessità”. Il povero è incatenato alla contingenza
radicale, cui il fratello non può ridurlo senza con questo trattarlo da piccolo
dio, da Satana. Quando si dice che la vita è rischio per giustificare
l’insicurezza del misero, gli si sta dicendo: “Non vedo la necessità della tua
esistenza”. Solo Dio la vede: perché l’uomo, la più povera delle creature, è la
più contingente, ma proprio perché ha stampata nell’invisibile l’immagine
dell’Essere Necessario, di colui che non ritiene harpagmos, possesso
esclusivo, l’eguaglianza a Se stesso.
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