Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 27 aprile 2010

Metaformosi del Golem: magia, alchimia, tecnica/2


Affinità tra la preparazione del golem e quella dell’Embrione d’Oro nell’alchimia interiore taoista.
L’immaginazione, attraverso le lunghe iterazioni della pratica ‘meditativa’, cristallizza il corpo sottile a partire da un grumo in cui sono impastati l’agente maschile e quello femminile, la pura vibrazione che regge il respiro, il soffio, e l’umore seminale, il ricettacolo della luce incarnata nell’uomo, ovvero lo stesso principio vibratorio immerso nella vita organica seminconsciente.
Nel caso del golem, un gruppo di iniziati proietta la propria luce immaginale, sottile, attraverso il veicolo delle lettere: la voce è il sacrificio umano per eccellenza, è seme sublimato in soffio sonoro, impregnato di realtà e vita divina. Forse a volte si svolgevano parallelamente o successivamente due riti: quello alchemico o spagirico (la terra vergine e l’acqua di cui parlano i testi sono forse gli agenti ottenuti nelle Fatiche d’Ercole della Prima Opera), con una trasmutazione fisica operata in un contesto ieratico, magico-teurgico, e quello propriamente golemico dell’amalgama di ‘semi’ sottili, eiaculazioni quasi del corpo sottile ‘individuale’, nell’embrione unico che poi veniva fatto maturare e infine ricondotto alla sua scaturigine, riassorbito. Come al solito, il risvolto più essotericamente ‘magico’ del rituale non è che uno sviluppo incidentale, e gravido di pericoli, di alcuni aspetti dell’operazione nel suo insieme.
Nel caso dell’alchimia interiore taoista, il metodo a ritroso di circolazione della luce e di sublimazione della forza seminale porta ad un coitus effettivo fra il soffio cristallizzato e l’umore radicale corporeo purificato: lo zolfo e il mercurio si congiungono tramite la mediazione del sale, la terra dei pensieri localizzata nel cuore – tutto avviene attraverso le immagini ardenti del cuore esercitato nel proprio lavoro. La luce interiore ordinaria, quella luce dello stato di sogno che si riversa continuamente all’esterno, perdendo la propria dolcezza, finezza e umidità, si addensa così in spissitudo spiritualis, nella quarta dimensione che è il valico segreto del ventre, l’integrazione aurorale, embrionale appunto, del corpo della coscienza e del corpo inconscio. Questa irruzione nella quarta dimensione è la fecondazione interiore: l’embrione viene poi lasciato crescere, lasciato libero, perché il corpo sottile è più me di me stesso ma non è me – proprio come un figlio (vedi anche Le rovine circolari di Borges). Una volta giunto a maturità, il feto luminoso è riassorbito nel Vuoto: ritornato all’unità, liberato, libera il proprio padre. Il movimento è sempre quello: il ritiro della proiezione immaginale è una morte-resurrezione, preparata eppure impensata; generando il proprio corpo spirituale si è rigenerati spiritualmente. Questa pratica di alchimia interiore è una iniziazione al mistero supremo, quello della creazione, della fecondazione: di qui il pericolo della magia come sezione incompleta, infelice e infetta dell’intero opus, il pericolo della magia come corpo sottile della techne carica di hybris.
È possibile ‘animare’ un composto inerte proiettandovi il proprio ‘doppio’ o la fusione dei semi psichici di un gruppo di iniziati? La Qabbalah ritiene di sì, pur limitando l’animazione al primo livello, quello del nefesh, l’anima vitale, vegetativa-sensibile, l’anima-sangue. Resterebbe comunque un nefesh non propriamente ‘creato’, anche se il Talmud e le opere esoteriche parlano della possibilità da parte del ‘giusto’ di partecipare in senso forte all’attività creatrice divina. Avremmo in tal caso un automa prodotto magicamente e non meccanicamente: un risultato buono al minimo per stupire e gettare fumo negli occhi, al massimo per ‘dimostrare’ sperimentalmente i poteri dell’anima, o meglio del corpo sottile. Se si riflette sui numerosi fenomeni cosiddetti paranormali, ad esempio il Poltergeist, non è difficile immaginare quale livello di potere e conoscenza implichi la fattura di un golem, in cui quel tipo di energie psichiche viene manipolato e diretto come in un sogno lucido, coniunctio di conscio e inconscio.

Il corpo sottile costruito come ‘doppio’ può avere poteri telecinetici: se nel fenomeno del Poltergeist può avvenire inconsciamente, a fortiori potrà realizzarsi consapevolmente.
Il golem come automa con un’anima-nefesh “esterna”, proiettata-fabbricata dalle operazioni teurgiche di un singolo o di un gruppo.
Il suo fine spirituale sta nella sua fine o distruzione: il suo uso tecnico sta in mezzo, ed è soggetto appunto ai tralignamenti della techne (Apprendista Stregone, civiltà della macchina).
Il mago usa il golem-embrione d’oro-corpo sottile: è l’homo technicus germinale, corda tesa tra l’uomo ordinario e il sapiente.

Ipotesi: buona parte delle storie sul golem possono essere allegorie dell’opus ermetico. Così il passo talmudico di rabbi Me’ir che ‘crea’ un vitello e lo mangia col suo collega potrebbe essere un’allusione al lapis come medicina universale e cibo filosofico (il vitello d’oro dell’episodio biblico va calcinato, sciolto in acqua pura e bevuto). Il golem-umanoide potrebbe essere l’embrione ermetico nel suo stadio di immaturità, l’homunculus paracelsico in grado di compiere alcuni ‘servizi’ all’artista. La leggenda ammonisce che gli si può conferire solo l’anima più bassa, nefesh, l’anima-sangue, vitale, vegetativa-sensibile, l’anima spermatica: forse è una chiave per far comprendere che si sta parlando di un prodotto minerale vivificato dall’arte e dalla natura insieme, nel quale non bisogna investire speranze infantili e cariche di hybris luciferina. Tuttavia la lettera dei testi talmudici e cabbalistici farebbe pensare proprio a una capacità creativa acquisita dal giusto, da colui che è mondo da peccati: da intendere però in senso teurgico, credo, e non ‘faustiano’ (ma l’ambiguità è significativa, profetica, segnala una preoccupazione antica del pensiero ebraico sul punto di giunzione tra magico e ieratico-profetico). Perché i testi parlano spesso di un lavoro di gruppo nella produzione del golem? Tratto specifico dell’ebraismo? Allegoria anche questa?

Fantappiè: l’uomo non può produrre fenomeni sintropici (finalistici-vitali), ma solo entropici (causali-meccanici). Gli automi rientrano in quest’ultima categoria, sebbene con un grado molto alto di illusionismo: così anche le ‘macchine’ cibernetiche ed elettroniche, nonostante comportino un profondo mutamento dell’imago mundi e un’interazione più elastica, mercuriale, con il nous umano. L’uomo partecipa all’atto creatore divino consumando le finalità della techne nel fuoco della contemplazione, dell’ars come spazio e tempo rituale. Le opere umane sono segnate radicalmente dalla morte: se l’opera divina “inghiotte” la morte nella spirale trasmutatoria, resurrezionale – mai senza l’assenso co-creatore dell’uomo – l’opera umana deve sempre, e con grande e ritualizzata attenzione, essere bruciata come idolo potenziale, come il Vitello d’Oro, come il Golem, come lo stesso nome di Dio nell’ordalia della donna infedele.

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