Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



domenica 16 maggio 2010

Trittico baroniese: Janna e pruna


Qualcuno dalle fenditure
delle rupi si faccia sentire, mi doni
un nome di pietra, o non potrò varcare
con piede di giustizia il temenos rotondo
fino alla celletta essenziale, con ripiani o sedili,
il cui centro (un fuoco sembra, adesso,
soffocato da predoni) doveva apparire vicinissimo
– petrosamente vicino – al meditante,
al sacerdote, al devoto.

Questi fabbri, mercanti, pastori forse erano gelosi,
foggiavano l’immagine circolare del loro segreto
come un volto rovesciato all’interno, le cui finestre
alla visione del tutto siano commessure
delle pietre tagliate simili a lucchetti,
come un corpo che offra lo scheletro
a rivelazione custodendo la luce
della pelle nel naos.

Questi uomini forse avevano un coraggio
umile e furente, di basalto buono,
amavano girare per le acque mostruose
in cerca di contratti e di cose, come altri
popoli dalla maschera fine, dal sorriso tagliente,
eppure guardando il loro istinto templare
segnato in queste ossa appena appena
rivoltate dai tempi, si sospetta
che toccassero il mondo strano, l’ardita
molteplicità, con un più strano, un più
ardito tormento di castità,
un ritegno preistorico, qualcosa di simile
a un nome di pietra ricevuto passando
durante la fuga fra gli anfratti
di queste rupi, fra queste cavità.




NOTE:

Janna e pruna (Porta del pruno) è una località montana della Baronia in cui sta riemergendo lentamente un complesso templare della civiltà nuragica. L’archeologa che veglia con passione sulle rovine ci ha spiegato che, a suo giudizio, i costruttori del tempio, pur coltivando vari ed importanti contatti con gli altri popoli del Mediterraneo antico, hanno deliberatamente conservato una struttura sociale tradizionale, rigorosa e semplice, fondata sulla loro intuizione religiosa del mondo.

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