Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



giovedì 6 maggio 2010

Conversazione nella periferia romana


Ma dimmi, amico, quando
la giovinezza è caduta
dalla malinconia veggente del poeta,
dai suoi solchi di luce notturna,
quando ne è stato fatto
un ceto, un universale
post rem, una classe
di uomini incerti e vigorosi
per succhiargli il vigore e manovrarne
- ipnotizzata bene - l'incertezza?

Questo pensavo tra una tappa
di deserto e l'altra
della via Casilina,
periferia d'un centro mai stato
perché la città - ricordi, amico? -
è l'invenzione con cui Caino
cercò di mitigare l'espiazione, di differire l'incontro
- maledetti dell'Eden, unitevi -
e in uno stridore concorde
di manette mentali ben oliate,
o male, dove lo punto
il compasso, e quale raggio dovrei mai
determinare, se il cerchio
è figura di quiete fremente, di ricolma esattezza?

Li vedo, come li vedi tu, i giovani
che forse fummo, e che morendo
saremo, forse, li vedi come cercano
di consistere con quello che hanno
- gadgets, smorfie, eroi sempre più irridenti
la loro fame non più puerile (non c'è
età più violentemente, ingordamente ascetica
della giovinezza) la loro fame
giovanile ed eterna
di bellezza, la mortale, la giusta
bellezza di un destino comune,
il mio, il tuo, il destino
solitario e comune cui ci chiama
anche e soprattutto questo cielo?

Le tue torri, Roma
mia, Roma tua, non difendono
con le loro ossa tutte uguali
ma stigmatizzate da arcana,
secca, inaudita scrittura
là dov'era il midollo, non possono
difendere nemmeno una pecorella, un'anima
variamente smarrite, un filo
d'erba, un gatto, dalla smorfia
di Medusa del nostro evo: non fanno
che cingere un bivacco di immagini
sempre più pallide, un bivacco
di giovinezza sempre più orba.


Neanch'io ti vedo, luna, sebbene
al limitare estremo della mia giovinezza
e con un occhio tagliato nel cuore
dal sapermi nomade: eppure ti penso,
non indifferente né salvifica,
non onnisciente, non
galileiana né armstronghiana, ti penso
come un animale o un sasso, luna,
come farebbe una strada qualunque
della Roma mia e tua
che non vuol sopravvivere davvero
ma stare e consumarsi alla tua luce
e alla tua ombra dolci sul massacro.

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