Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



giovedì 5 maggio 2011

Con Bloy, nella cloaca/7


Ancora da uno spunto di Bloy: Fiat voluntas tua, sia, avvenga, sia fatto il tuo Spirito, che è la Volontà, l’ipostasi della Volontà. Non c’è preghiera che non sia teurgico-messianica: l’uomo prega che da quanto gli accade si manifesti lo Spirito, la totalità di shalom, la pienezza. Per questo: “Dio stesso provvederà l’agnello”; e “Sia fatto a me secondo la tua parola”; e “Fate quel che vi dirà”; e “Se possibile, passi da me…”. Per questo la cecità della fede è più veggente della sapienza. Per questo non ha alcun senso distinguere petizione e celebrazione, domanda e lode, pazienza e impazienza, angustia del particolare e apertura all’universale.

Meditazione della Vigna abbandonata, nel diario del 1894: il Paraclito si può assimilare all’operaio di cui la parabola tace, che arriva “troppo tardi”, all’ultimo secondo dell’ultima ora, “quando si è smesso di pagare i mercenari, quando tutti sono andati via e i pozzi della Notte si sono aperti”. Come il Messia di Kafka, il portatore dello Spirito è l’Ultimissimo, colui che appare in extremis, incomprensibile congiunzione di impazienza e dilazione: quando i servi della parola hanno esaurito il loro compito e ricevuto il loro salario, sempre lo stesso, un denario, che forse è proprio quel Verbo, signore del Giorno e dell’Attesa, dal quale hanno sperato il compenso; quando è notte, e non c’è più nessuno, e Dio stesso deve manifestarsi nella solitudine di quest’Uomo inconcepibile. Bloy termina su un a fortiori decisamente evangelico: se gli operai dell’undicesima ora hanno ottenuto la stessa paga di chi ha faticato tutto il giorno, cosa avrà l’Ultimo, l’Ultimissimo, l’Uomo della Notte che cerca lavoro quando è impossibile dargliene? Non potrà ricevere altro che la Vigna stessa, la “povera Vigna del Signore che muore”: la sua miseria, la sua impotenza, la sua assurdità, sono il sigillo dello Spirito, l’abisso in cui il tutto non può non precipitare, perfetta impetrazione universale, perfetta libertà al di là di ogni compenso, di ogni ordine visibile, di ogni vincolo o religio sia esteriore che interiore.
La manifestazione definitiva del Deus serviens non chiede nulla di meno di questo Mendicante a cui tutto è dovuto, che sarà uno e molti come l’Anticristo è uno e molti, e a differenza del Verbo incarnato, Primo dei Molti, Primogenito dei Morti.

Tratto che fa dell’Islam la religione del Paraclito, o piuttosto la religione che lo figura forse più apocalitticamente: estrema è in essa la tensione tra manifesto (zahir) e occulto (batin), tra legge e grazia, tra antico e nuovo, tra furia di unità e disseminazione nell’esilio. Da meditare con energia e insistenza l’atteggiamento spontaneo e recitato dei postcristiani d’oggi di fronte all’Islam, a tutti i livelli di conoscenza e malafede.

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