Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 13 maggio 2011

Filosseno di Smirne: Epistola sull’Uno e il Due/ 3


Filosseno apostolo di Cristo, Eletto della vera Chiesa pneumatica, saluta il suo Marcello.

Mi chiedi una spiegazione della generale ostilità manifestata contro di me dai fratelli di Smirne, il che equivale a sollecitare un’esposizione più chiara del mio insegnamento. I più lo giudicano un’eresia, un sogno folle ed infetto, mentre non è, come vedrai, se non l’originaria parola del grande Mani, oggi sfigurata e conculcata da cattivi pastori più ottusi e impenetrabili alla verità dei nostri stessi avversari dichiarati. Cerco ora di compiacerti, per carità ed amicizia, e ti supplico di perdonare la brevità cui mi costringe la malattia.
Prima dell’origine non c’è l’Uno, come affermano filosofi ciechi e teologi incauti, e nemmeno il Due; cosa che l’Apostolo, del resto, non si figurò giammai di predicare. C’è qualcosa che non è, un abisso inattingibile, né Dio né non-Dio; parlarne è impossibile, e del resto inutile, perché lì non c’è salvezza, né dannazione. L’origine, invece, è il Due; cioè l’Uno, Dio, e qualcosa di estraneo e imprevisto, il moto violento della Materia. Se quest’ultimo non fosse stato separato dal primo, non sarebbe accaduto mai nulla, e parimenti nulla sarebbe mai accaduto se la Materia non fosse uscita, in qualche modo, da quell’abisso; il che si può dire, perché l’abisso non è Dio: è qualcosa che non è, mentre la Materia, la Tenebra, è qualcosa che nega, e Dio, la Luce, è qualcosa che raccoglie e unisce, senza attribuirsi alcunché con la violenza e la superbia.
Sostengo inoltre, a differenza di molti falsi maestri, che Dio non è semplicemente il bene e la Materia non è semplicemente il male, ma sono l’uno il principio del bene e l’altra il principio del male, che si manifestano come tali nel momento presente, cioè nella mescolanza; all’inizio e alla fine dell’ordinamento cosmico, nella separazione, Dio è più del bene e la Materia è meno del male. L’irruzione della Tenebra nel Mondo della Luce ha apparentemente capovolto la gerarchia, naturale e potenziale; ma la Luce, fingendo di cedere alla Tenebra con semplicità di colomba e astuzia di serpente, ha introdotto nel cosmo un moto opposto ed estraneo, che sarà compiuto nella distruzione di tutto ciò che è. Così l’uomo, che è l’ultima opera della mescolanza, se vuole, in unione con la Luce sepolta, salvare se stesso, deve veramente cedere alla propria perdizione perché Dio si salvi; infatti, chi perderà la propria anima la salverà, perché la sua perdizione è perdizione apparente di ciò che è corruttibile, e vera salvezza della Luce incorruttibile.
Ma come la Luce ha perduto nell’irruzione originaria una parte non piccola di se stessa che, se si salverà, si salverà per così dire suo malgrado e credendo di perdersi; così l’uomo, sia pneumatico che psichico e addirittura ilico, cedendo nell’ignoranza e nel dolore alla perdizione di sé, sarà veramente salvo nella salvezza di Dio, che ricorderà e tratterrà l’essenza di ciò che cadde nella mescolanza, come un vaso trattiene l’aroma di un unguento ormai effuso. Qualcosa del genere ha detto il teologo Basilide, però ignorando del tutto il mistero della separazione. Se, riguardo a ciò, ottimo Marcello, m’interroghi sul destino finale della Tenebra, ti rispondo che essa resterà come limite esterno del Pleroma, dimenticata dalla Luce ed essa stessa dimentica di se stessa, cieca cioè come all’inizio, e tuttavia esistente nella sua non-esistenza, confusa e inattiva, fuori del Tutto, sommersa in un tempo caotico e in una non-conoscenza del Tutto e di sé che sarà l’unico riflesso della salvezza di cui potrà godere.
Medita ora le mie poche parole, figlio e fratello prediletto, e non prestare orecchio alle calunnie tenebrose degl’ilici che vanamente si dicono perfetti. Il Padre delle Luci possa avere compassione di loro.

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