Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 14 maggio 2011

Eros, Legge, Agape: per provare a pensare (note del 2003)


Finché non saranno distinti eros e nozze, questioni come il “matrimonio omosessuale” saranno dilemmi, magari salutari, del fondamentalismo erotico o del fondamentalismo naturalistico.
Nozze e natura non stanno sullo stesso piano, a meno che non si deletteralizzi la natura. Se il dilemma ha a che fare col sesso (omo, etero), non solo non c’è uscita, ma neanche dicibilità. Il sesso, il taglio tra il maschio e la femmina, o è la lettera del testo nuziale, o è appunto l’uscita dalla natura come arché e come non-cultura, non-storia.
Il maschio e la femmina sono la lettera (la carne) di un testo a più letture: la filiazione, il tokos. La Legge, custode della lettera, sancisce-santifica il patto fondato sui sessi: la leggibilità delle nozze resta multiversa, platonicamente inesauribile. Una Legge che ascolti tutto il Testo sarebbe la Torah messianica, sempre da venire, e che tuttavia inizia qui-ora nel contrasto perpetuo tra carne e spirito, tra mondo e Regno.
L’eros omosessuale è condannato dunque alle catacombe? No, ma all’ordalia sì: o genera filiazione esoterica con un rituale non-letterale, oppure non è nuziale, è eros nel senso più vasto, fuori della Legge (non fuorilegge!). Ripensare eros omosessuale ed eterosessuale (parole e concetti mostruosi, che di fatto tendono all’impensabilità) può significare deletteralizzare la nuzialità proprio deletteralizzando l’eros. Se l’eros è vasto ed ha per mèta tutti i gradi della Bellezza, le nozze possono essere ancora un rito iniziatico interno al vasto eros, e che insieme da esso esce e migra (exodos, diexodos) per inserire la generazione letterale dei figli in uno spazio più vasto della stessa vastità erotica, uno spazio spirituale.
Accogliere tutto l’eros in una comunità senza letteralizzarlo in leggi, può portare la Legge alla libertà agapica.
I margini del testo restano margini (marginali), ma non sono e-marginati, espunti dalla pagina. Ciò è irrealizzabile letteralmente, ma culturalmente (=nella psychè collettiva, nel popolo) può (deve) operare come fermento erotico e agapico insieme.
Dare riti a tutti gli erotes – farli entrare tutti nella polis – non significherà farli entrare tutti nella lettera del Testo: qui la lettera, la sarx del Testo è la natura, il sesso, la coppia umana feconda nel corpo, la filiazione come rito fondante la cultura, la traditio. Ciò che resta ai margini, nel vuoto non-scritto, nel vuoto lasciato dalla lettera, rende spiritualmente feconda la lettera e ne è fecondato (come esotericamente il cristianesimo è stato “salvato” dalla diaspora ebraica, la sinagoga bendata e veggente di Bamberg, e la diaspora stessa ha vissuto dell’emarginazione imperiale romana-cristiana).
Le consonanti del Testo – la maschilità del corpo giuridico – comprendono potenzialmente tutte le letture, ma effettivamente hanno bisogno, per essere, del non-scritto, delle vocali, degli spazi e dei margini, e quanto più il rapporto è aperto tanto più è nuziale (e dunque messianico).
La Misericordia (karuna) dello Scritto è connessa col Giudizio, che si attiene ai limiti del mondo di nome-e-forma: chi legge, La rispetta restando in essa ed allargandola, com-patendo e conoscendo quanto è dato, caso per caso, kath’hekaston.

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