Nel bellissimo
testo di Nitobe che Jünger pone a esergo del suo scritto sul dolore, la madre
giapponese sgrida così il figlioletto che piange quando si ammacca o ferisce
durante un gioco: “Che mammoletta! Piangere per un dolore da niente! Che farai
quando ti mozzeranno un braccio in battaglia? E quando dovrai fare harakiri?”.
Oggi dovremmo dire a nostro figlio, per instillargli dello spirito marziale in
diluizione omeopatica: “Hai paura del buio? Ti arrampichi sul lettone per un
incubo? Ah! E che farai quando dovrai lavorare otto ore al giorno in un call-center?
O ti toccherà fare mezza giornata di fila all’INPS?”. Mai sdrammatizzare, con
un bambino – a cominciare dal bambino che è in ciascuno, che ciascuno è: sempre
drammatizzare, con quella grave giocosità
che oggi non riusciamo più a imbroccare nemmeno negli sport. Tanto, per quanto
ci sembri di esagerare, saremo sempre più corti di qualunque realtà umana,
disumana o transumana.
venerdì 1 novembre 2013
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