Seguendo in parte la ricostruzione di
Ivan Illich e di Michel Foucault, si può osservare come nei primi secoli del
Medio Evo la sodomia, ovvero la penetrazione anale – soprattutto quando
avveniva tra due maschi – fosse considerata una manifestazione abominevole del
peccato di lussuria e un atto infame. Tuttavia è soltanto intorno ai secoli
XII-XIII, con la nascita del progetto di una organizzazione ecclesiastica
capillare, la riscoperta di Aristotele e del diritto romano e la formulazione
scolastica dell’idea di legge di natura, che la sodomia diventa buggery, da bougres, bulgari, ovvero bogomili, seguaci del dualismo cataro:
l’atto sodomita ora è al contempo un atto contra
naturam – che è pur sempre la volontà di un Dio creatore, ma può essere
confusa con una tendenza impersonale, con le ‘cose così come sono’ – e un
rituale di iniziazione ereticale, ossessione destinata a ricomparire puntuale nel
processo che distruggerà i Templari, almeno sul piano visibile. Qui è preziosa
l’intuizione di Massignon: il nome e l’idea di sodomia sono legati alla
Pentapoli del Mar Morto come esempio di ordinamento socio-politico iafetita,
quale poi risplenderà nelle poleis
elleniche; una città, una convivenza che nasce sia dall’accampamento militare,
con le sue pratiche omoerotiche che persistono nei costumi dell’aristocrazia,
sia dalle corporazioni di mestiere, vere e proprie confraternite cementate da
un cameratismo maschile che entra in fecondo conflitto con le tradizioni
femminili (limitate dal ‘diritto paterno’ al temenos del santuario domestico). Solo nel XIX secolo affiora
l’idea che un individuo possa avere una inclinazione ‘omosessuale’ o
‘eterosessuale’ durevole o addirittura permanente prima e al di là degli atti
in cui essa si esprime, che erano gli unici ad essere condannati dalla legge
antica (anche precristiana).
Forse l’omosessuale integrale, nella
nostra epoca priva di riti e di confraternite, di delimitazioni che contengano
e plasmino la forza coattiva e creatrice dell’eros, è davvero chiamato, come il
bugger della fantasia inquisitoria
medievale, ad una iniziazione diversa da quella comune della polis: ed è dunque comprensibile che
cerchi con ansia la ‘normalità’ promessa dalle nozze, che in realtà non sono
più normali e ordinarie di un voto cavalleresco e di una consacrazione
religiosa. Se però tutto è sentimentalmente eguale e indifferente, il fermento
dionisiaco che l’omosessuale porta in sé e con sé non è più lysios nel senso di dissolvitore-liberatore,
ma solo nel senso di disgregatore – e disgregatore che contribuisce a una
disgregazione già prossima al suo compimento: le nozze tra un uomo e una donna
e il compagnonnage omoerotico sono
ormai entrambi gusci vuoti, le prime perché identificate con la banalità di una
‘natura’ senza volto e senza vita, il secondo perché normalizzato e
standardizzato, privato delle sue ali e della sua follia. Così vediamo che uno
spot dell’Ikea con due omosessuali pacifici e allegri o con un trentenne e una
trentenne disorientati ed euforici funziona
esattamente allo stesso modo: prima di tutto viene il supermercato, il resto è
un’opzione insignificante tra i vari prodotti in fila sugli scaffali.
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