Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 23 febbraio 2010

Dall'archivio segreto della dinastia abbaside



Il funzionario Husayn ibn Shamsi ’l-dīn al-Isbahānī al Principe dei Credenti al-Ma’mūn.

Il tuo servo ha il dovere di informarti che tutto è pronto per l’esecuzione del piano. L’esecrabile setta dei Dualisti ha le ore contate. Quando si riuniranno nella casa di ***, alla periferia di Samarra, e il loro capo starà per prendere la parola, il nostro infiltrato, lo shaykh ***, che ha conquistato un credito notevole presso quegli scriteriati, chiederà il permesso di fare una rivelazione di gravità inaudita. Quindi accuserà davanti a tutti il luogotenente ***, contro il quale abbiamo costruito per mesi dei falsi documenti, visto che non siamo riusciti a trovare nessuna crepa nell’indegna lealtà di quel fanatico; in realtà il materiale raccolto fa riferimento alle azioni del giovane ***, il figlio primogenito del loro capo. Questi infatti, da almeno un anno, sta avendo abboccamenti segreti con quell’ufficiale della tua guardia che ben conosci, quel maledetto circasso che assaporerà insieme, molto presto, la tua giustizia e il proprio sangue velenoso. Quando l’assemblea udrà una simile denuncia, formulata da una persona tanto autorevole e solitamente così umile e taciturna, non tarderà a scagliarsi contro l’uomo che poco prima considerava padre e maestro; nel frattempo il giovane ***, ascoltato il resconto esatto e puntuale del proprio tradimento, cercherà una scusa per assentarsi e manderà in tutta fretta un messaggio al suo compagno di nequizie. Io stesso ho predisposto le cose in modo che possano finalmente incontrarsi sotto l’occhio sgomento del padre, il capo della loro setta, il cane immondo il cui nome fa fremere ogni buon musulmano. Il seguito del piano lo conosci già: mi limito ad aggiungere che, domani sera, i pochi eretici che saranno sfuggiti ai ferri del carnefice vagheranno nel deserto come sciacalli, ma affamati della propria morte e non dell’altrui.
Detto questo, poiché nel nostro ultimo incontro hai chiesto la mia umile opinione sullo stato generale delle cose, io credo che l’islam stia per tornare, secondo il detto del Profeta, com’era ai suoi inizi: esule. Non fraintendermi: i tuoi trionfi contro la miscredenza e lo scisma rafforzano l’unità, la spada nella tua sinistra pota l’albero e l’acqua della grazia nella tua destra lo nutre. Il mondo non è mai stato retto e felice come sotto il regno del califfo al-Ma’mūn. Pure, io devo dirti ciò che vedo, come faccio sempre: e ciò che vedo è appunto questo. Il destino di Ismaele ci chiama, con le sue seduzioni e le sue miserie. Non voglio dire che la comunità sarà di nuovo piccola e perseguitata, o che ridiverremo dei nomadi del deserto, in cerca di oasi e di giustizia. Le cose ultime sono come le prime, ma non gli assomigliano mai. La religione prenderà rifugio nel segreto, anche se la sua professione non lesinerà grandezze e splendori; l’obbedienza aggirerà la legge abbracciandola, perché la vedrà sempre più impaurita e gelosa: lo spirito si raffinerà nelle tombe degli umili, e l’arcangelo Gabriele metterà alla prova molte solitudini. L’unità si schianterà senza rumore, proprio perché è stata così ardentemente, così generosamente conservata e difesa. Di nuovo la fede frequenterà le stanze degli inquieti, le grotte degli sradicati, i polverosi sentieri dei viandanti angosciati. Il mio Signore voglia perdonarmi se ho osato parlare con troppa libertà. La mia tristezza non dev’essere una nota stonata nell’inno della tua vittoria, né lo potrebbe, del resto. Considerami sempre il tuo servo devoto, Husayn, il figlio del tuo servo devoto, Shamsu ’l-dīn, il convertito, l’ombroso purosangue di Isfahan.

Nessun commento:

Posta un commento