Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 1 febbraio 2010

Dialogo sul Processo



- Tu hai conosciuto il tribunale: vorresti parlarmene?
- Il tribunale è il luogo in cui le antiche visioni dell’uomo vengono conservate e consegnate quotidianamente. La loro terribile fragilità invecchia come ogni cosa, ma sotto i loro panni e le loro carni, spesso irriconoscibili, viene offerta, vestita solo di vagiti e sorrisi, un’infanzia bianchissima. Nel tribunale quasi nessuno ricorda nulla, eppure tutti sanno tutto. Il frutto che viene spiccato e lentamente sbucciato dagli avvocati, dai pubblici ministeri, dalle giurie, dai giudici, dai testimoni e dagli imputati viene scambiato, non capisco se per necessità o per inveterato arbitrio, per un fiore di sangue gettato dalla comunità. Quindi, anche se ognuno mangia e si sazia, quasi tutti credono di guardare e di preparare un festa che non arriva mai. Nel tribunale si aggirano piccole verità, spesso malate e folli, che cercano solo un fienile per passare la notte: ma il giudice inchiodato al suo scranno le getta in uno scantinato benedicendone il nome, e il popolo ha ancora fame di festa, strepita perché è a bocca asciutta, mentre le verità recluse lo nutrono di carne e sangue eccellenti. Questo è ciò che ho visto nel tribunale.
- Ma tu hai descritto la storia dell’uomo, il mondo! Dunque il tribunale è il mondo?
- Il tribunale è il mondo, e lo eccede. Ti direi: il tribunale è tutto, ma tu fraintenderesti, penseresti che il giudizio spezza i nostri vasi per lasciarci solo il gabbo e il profumo; diresti che l’iter processuale non ha fine, e la sentenza viene a tagliare non un nodo, ma un tuo membro vivo, a caso. Crederesti alle parole del tribunale, che sono leggere come spine, pungenti come rose. Ma il tribunale esiste per te e per me: per prenderci insieme di notte, rendendoci ignoranti e veggenti. Il tribunale fa solo splendere la mia colpa come tua, la tua come mia: perché essere colpevoli insieme, indissolubilmente, è la parte di gioia che nessuno ci può togliere, se il bronzo del verdetto non ci incanta col suo tuono.

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